Sabato 06 Settembre 2025 | 11:23

«Manca l'interprete, non potete sposarvi», assurda situazione per una coppia leccese

 
Maddalena Mongiò

Reporter:

Maddalena Mongiò

«Manca l'interprete, non potete sposarvi», assurda situazione per una coppia leccese

Ma la burocrazia non ha fermato l'amore: l'ufficio Anagrafe ha preteso la presenza di un interprete che «leggesse» l'atto a uno dei due della coppia, non vedente

Martedì 30 Maggio 2023, 11:59

LECCE - E vivranno felici e contenti nonostante i paletti posti al loro amore dal Comune di Lecce. Si sposeranno il prossimo 23 giugno, Andrea Fiorucci (40enne ricercatore a UniSalento) e Tony Donno (55 anni impiegato della Regione Puglia), un giorno felice eppure venato dall’amarezza di una singolare presa di posizione dell’ufficio Anagrafe di Lecce. Tony Donno è non vedente e in ragione di ciò l’Ufficio ha preteso, nel giorno in cui hanno pronunciato la “promessa”, lo scorso 11 aprile, la presenza di un interprete che leggesse l’atto a beneficio dello sposo non vedente. E stesso iter occorrerà seguire nel giorno del matrimonio. Per la coppia, invece, le imposizioni del Comune sarebbero frutto di una discriminazione che colpisce un’unione che riguarda due uomini, di cui uno con disabilità visiva.

«Siamo andati in Comune l’11 aprile per unirci civilmente – raccontano a una voce Andrea e Tony –, ma la funzionaria rifiutava di procedere perché, a suo dire, era necessaria la presenza di un interprete per leggere l’atto. Eravamo sbalorditi. In tutti questi anni di vita insieme non ci è mai capitata una cosa del genere. È stata calpestata la nostra dignità di cittadini e di essere umani, ma non ci siamo arresi: eravamo pronti a chiamare i carabinieri e a denunciare in Procura quello che riteniamo essere un abuso, poi, dopo circa un’ora, il dirigente del servizio ha deciso di partecipare come interprete. Ha letto un prestampato di massimo 10 righe, che la stessa amministrazione comunale avrebbe dovuto rendere accessibile nel codice Braille o con un semplice documento digitale. Riteniamo che siano stati violati molti diritti: dall’inaccessibilità dei servizi comunali e della documentazione amministrativa, alla scarsa preparazione e sensibilità degli uffici competenti a gestire la relazione con “persone” con disabilità, alla discriminazione istituzionale verso cittadini con disabilità, alle procedure amministrative che acuiscono il meccanismo di delega e non rispettano la dignità della persona con disabilità e la sua autodeterminazione».

Poi fanno un appello al sindaco di Lecce Carlo Salvemini e alla garante della disabilità del Comune di Lecce: «Nulla di simile ci era mai accaduto, neppure quando Tony ha acquistato casa o ha gestito delle procedure notarili di rilievo: in quelle occasioni il notaio, proprio in base alla legge del ‘75 oggi invocata dalla funzionaria del Comune, dichiarò che non erano necessari testimoni. Non vogliamo un interprete, ma la funzionaria comunale insiste perché ci sia una figura terza per la lettura dell’atto. Siamo stati costretti a dare le generalità del cognato di Tony, ma vorremmo che il sindaco intervenisse sulla questione perché c’è una evidente forzatura nell’interpretazione della legge del ‘75. Abbiamo chiesto il parere dell’ufficio legale dell’Unione Italiana Ciechi, che ci ha confermato che la presenza di assistenza è permessa su precisa richiesta della persona cieca, ma in questo caso non vi è la necessità».

E non solo. I promessi sposi stigmatizzano anche la circostanza che quello di Lecce è l’unico Comune che obbliga a effettuare il rito civile in alcuni giorni ed entro le 18 (anche d’estate), se svolto fuori dalla casa comunale. Al “modico” costo di 600 euro. Quindi? Rito ufficiale al mattino e la sera festa.

Il racconto di Fiorucci è venato di amarezza: «Sono un ricercatore universitario che si occupa di inclusione e spesso descrivo ai miei studenti quanto i servizi e le politiche sociali, più del deficit, determinino nella persona una disabilità. I contesti disabilitano una persona e noi ne abbiamo avuto una prova diretta. Abbiamo assistito ad una forte levata di scudi: la funzionaria è stata respingente e ferma sulle sue posizioni. Non hanno voluto trovare una soluzione che ovviasse alla presenza dell’interprete quando il Comune avrebbe dovuto prospettare al mio compagno delle opzioni accessibili. Siamo socialmente impegnati e non vorremmo che un’altra persona con meno strumenti culturali si trovasse a soccombere di fronte alla burocrazia che intende solo autotutelarsi e trincerarsi in gineprai burocratici. La pretesa della funzionaria comunale, avallata anche dal dirigente del servizio, lede il diritto alla privacy in quanto obbliga due persone a coinvolgere parti terze, così come lede il diritto di autodeterminazione di un cittadino che dall’essere disabile diventa disabilitato/inabilitato dalla stessa amministrazione comunale che invece dovrebbe tutelarlo».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Marchio e contenuto di questo sito sono di interesse storico ai sensi del D. Lgs 42/2004 (decreto Soprintendenza archivistica e Bibliografica Puglia 18 settembre 2020)

Editrice del Mezzogiorno srl - Partita IVA n. 08600270725 (Privacy Policy - Cookie Policy - - Dichiarazione di accessibilità)