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Zorba, il gabbiano con le ali ai piedi è tornato a Porto Cesareo

 
Fabiana Pacella

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Fabiana Pacella

Zorba, il gabbiano con le ali ai piedi è tornato a Porto Cesareo

L’esemplare ha stretto un singolare legame con pescatori e bambini, con cesarini e forestieri

Giovedì 06 Agosto 2020, 19:26

LECCE - Sapeva ballare, volteggiare ma anche rispettare la solitudine, Zorba. Un personaggio, quello uscito dalla penna di Nikos Kazantzakis, divenuto simbolo di uno stile di vita e di pensiero. Tanto da dare il nome a persone e animali che in qualche modo ne calcano le orme.

Proprio come accaduto a Zorba, il gabbiano simbolo di Porto Cesareo, piume di un bianco abbacinante spezzate dal destino e due zampe che gli hanno reinsegnato a volare.
Una parabola ascendente la sua, la morale a pie’ di pagina di una favola bella, vergata e recitata pur in prosa da Valentina Martina, responsabile LIPU-litorale ionico-leccese.
«Zorba ferito, fu recuperato quasi un anno fa - ricorda Valentina -. Presentava una frattura ad un’ala, non avrebbe più spiccato il volo. La nostra scelta è stata quella di non toglierli la vita ma di lasciarlo libero. La prima cosa che fece fu di aprire le sue ali, si tuffò poi nel suo mare e nuotò, i suoi piedi diventarono le sue ali».

Pescatori e bimbi, cesarini e forestieri, tutti hanno imparato col tempo a stringere un singolare legame a distanza con Zorba. Ma quello di Valentina, è rimasto speciale e unico. Ogni caduta di lui, la corsa e la cura di lei.
«Era l’inizio di gennaio, arrivò la chiamata, il gabbiano era sulla spiaggia. Mi avvicinai e lui mi venne incontro. Era diverso, mi guardò e capii. Si fece accarezzare l’ultima volta, si girò e iniziò a camminare accanto al suo mare. L’ho guardato andar via e sorridendo ho detto: ” Zorba, il gabbiano che girò il Salento con le ali ai piedi non tonerà più.”
E così è stato.
Poi la straordinarietà della natura e della vita, la bellezza dell’imprevisto, lo stupore salvifico.
Nei giorni scorsi una chiamata: ”Vale, c’è un gabbiano con un’ala ferita”.
Era Zorba.« Ho sempre pensato che il tornare dove si è stati bene fosse prerogativa dell’essere umano. Ora invece so che viene dall’animo nobile degli animali. E quando succede si deve accogliere il ritorno».

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