Puntuale come il succedersi delle stagioni, ritorna la vexata quaestio della chiusura invernale delle attività commerciali nel centro storico. E ritorna altrettanto puntualmente il richiamo al paradosso, se sia nato prima l’uovo o la gallina. Perché c’é chi addebita la desertificazione invernale alla chiusura delle attività commerciali, ma queste ribaltano il concetto. E Sandro Freddo, componente il direttivo della locale Associazione tra commercianti e imprenditori, mette nero su bianco: «I commercianti sono di fatto obbligati a chiudere, in quanto non vi è quel flusso di affari tale da giustificare l’apertura per tutto il periodo invernale, né hanno la possibilità di occupare il suolo pubblico ai fini commerciali. Quindi, la desertificazione scaturisce dalla mancata destagionalizzazione con l’assenza di turisti e dalla mancanza dei residenti nel centro storico».
Un fenomeno che il presidente dello stesso sodalizio, Matteo Spada, inquadra nello spopolamento dei centri, storici e non, aggravato nella Città Bella dal suo decentramento rispetto al centro “geografico”, dalla delocalizzazione di tutte le istituzioni, dalla chiusura di potenziali attrattori quale il Teatro Garibaldi; a livello specificamente commerciale, inoltre, dalla concorrenza online e da divieti normativi, come quello di occupare spazi pubblici per 365 giorni all’anno.
«È necessario innescare un processo di controtendenza - continua - dando validi motivi perché le persone entrino nel centro storico e le attività commerciali rimangano aperte 12 mesi all’anno. Oltre gli aspetti artistico-culturali, l’unico settore abbastanza attrattivo nel centro storico è la ristorazione; allora, si potrebbe magari partire proprio dal settore enogastronomico e contestualmente organizzare piccoli e grandi eventi incentrati sulle nostre peculiarità quali l’arte dei cartapestai, i riti della settimana santa ed altro».