In prima pagina sulla «Gazzetta del Mezzogiorno» del 12 settembre 1973 si legge: «Allende si è ucciso». In basso la foto, divenuta poi celebre, dei carri armati del generale Augusto Pinochet che il giorno prima hanno circondato La Moneda, il palazzo presidenziale di Santiago del Cile. Un articolo del giornalista dell’Associated Press Mort Rosemblum chiarisce: un violento colpo di Stato ha deposto Salvador Allende, il primo presidente socialista del Cile, democraticamente eletto soltanto tre anni prima. All’invito a dimettersi da parte dei golpisti, guidati da Pinochet, Allende ha risposto con un tragico e memorabile discorso trasmesso via radio: «Non mi dimetterò. Pagherò con la mia vita la lealtà del popolo». Così, alle 13.45 dell’11 settembre ‘73 i golpisti, si legge sul quotidiano, hanno assaltato l’edificio e Allende, rimasto fino all’ultimo minuto asserragliato nel Palazzo, si è tolto la vita. Il potere è assunto in quelle drammatiche ore da una giunta militare, presieduta dal generale Pinochet, che sospende la Costituzione, scioglie il Congresso e proibisce ogni attività politica.
Il Cile vivrà sotto il regime violento dei militari per quasi 17 anni: ogni forma di opposizione sarà repressa nel sangue.
Il 14 settembre 2006 è una giornata storica per Bari: il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nella sala Tridente della Fiera del Levante, ha consegnato, nelle mani del sindaco Michele Emiliano, la medaglia d’oro al merito civile alla città. Una giornata di festa, ma anche di polemica: «Strage del 28 luglio: strappo ricucito», titola il giorno dopo la «Gazzetta». Un incidente diplomatico, infatti, si è verificato durante la cerimonia: il riconoscimento è conferito ai baresi per l’eroico coraggio dimostrato in occasione degli eventi del 1943, ma nel testo letto dal capo dello Stato vengono menzionati soltanto i fatti del 9 settembre – cioè la difesa del porto, ad opera di militari e civili, dall’assalto dell’esercito nazista – e il bombardamento tedesco del 2 dicembre. Manca ogni riferimento alla strage del 28 luglio: tre giorni dopo la caduta di Mussolini, venti persone persero la vita stroncate dal fuoco dell’esercito badogliano e dei fascisti nascosti nella federazione del Pnf in via Niccolò dell’Arca. I familiari delle vittime e i superstiti dell’eccidio, ascoltate in silenzio le parole di Napolitano, si allontanano in segno di protesta.
Racconta Perchiazzi sul quotidiano: «Vito Maurogiovanni, Vito Sassanelli e Pietro Coppolecchia non gradiscono l’omissione ufficiale tanto da abbandonare la Sala Tridente nel corso della cerimonia. Con loro la vedova di Franco Sorrentino: “E la via Niccolò dell’Arca?” ripete più volte». Aderisce alla contestazione anche Vito Antonio Melchiorre e Maurogiovanni spiega: «Si tratta del primo momento di ribellione contro lo Stato che aveva portato il Paese in guerra e alla rovina. Il presidente non ha ritenuto opportuno ricordare questo episodio». «Oggi quei morti sono morti di nuovo», ripete Sassanelli. «È una legittima manifestazione di dissenso», commenta Luciano Canfora, il cui padre Fabrizio, rimasto gravemente ferito, quel 28 luglio guidava i propri studenti verso il carcere per andare incontro ai detenuti antifascisti che quel giorno sarebbero stati liberati. «Trovo che l’assenza di riferimenti espliciti alla strage sia scandalosa», conclude lo storico. Lo strappo sembra ricucirsi quando Napolitano, in visita al padiglione della «Gazzetta», chiarisce: «La medaglia si riferisce all’insieme degli episodi del 1943».
Nel pomeriggio, infine, il sindaco Emiliano incontra nuovamente il capo dello Stato in Prefettura: a ribadire le ragioni dei malumori ci sono anche Vito Antonio Leuzzi, direttore dell’Istituto pugliese per la storia dell’antifascismo, Ida Sorrentino e Armando Buono, fratello di Fausto, morto a soli 20 anni per manifestare la propria gioia per la fine del regime. «Dinanzi a loro, Napolitano ha ribadito la sua massima attenzione per la strage del 28 luglio». Grazie a questo atto coraggioso di dissenso da parte di un gruppo di tenaci superstiti e testimoni, il testo ufficiale della motivazione della medaglia d’oro al merito civile di Bari verrà corretto e integrato con la frase: «Venti giovani cittadini vennero trucidati in via Niccolò dell’Arca mentre inneggiavano, all’indomani della caduta del fascismo, alla riconquistata libertà».