I giudici hanno infatti respinto l'appello del pubblico ministero Giuliano Mignini contro la decisione del gip che 12 novembre scorso aveva negato la misura cautelare per i tre. Con una lunga e articolata ordinanza depositata oggi è stata però parzialmente accolta la tesi dello stesso magistrato. Il collegio ha infatti stabilito che sussistono i gravi indizi di colpevolezza per i reati (tra cui l'associazione per delinquere) legati al presunto scambio di cadaveri nel quale sono coinvolti Trio e Di Carlo. Ma le accuse sono ormai già prescritte.
Una decisione che scagiona l'avvocato Brizioli, soddisfatto come indagato ma pronto a proseguire il suo impegno come legale della famiglia Narducci. I giudici gli hanno restituito «la piena integrità morale, professionale e personale» sottolinea il suo difensore, l'avvocato Luciano Ghirga.
Nell'ordinanza il tribunale ritiene che non ci siano elementi per sostenere a carico degli indagati addebiti come quelli di avere minacciato investigatori e consulenti del pm. Episodi che - ritiene l'accusa - si sarebbero verificati a partire dall'ottobre 2001 dopo la riapertura del caso Narducci (viene ipotizzato l'omicidio a carico di ignoti, mentre all'epoca il fascicolo venne archiviato senza formulazione di ipotesi di reato).
Diverso il discorso per quanto successo a ridosso del ritrovamento del corpo, il 13 ottobre del 1985. I giudici ritengono infatti fondata l'ipotesi del doppio cadavere, il pilastro dell'inchiesta perugina. Gli inquirenti sostengono infatti che il corpo di Narducci sia stato sostituito dopo il recupero sul pontile di Sant'Argelo di Magione per evitare che si pensasse a un omicidio che sarebbe legato alle vicende del mostro di Firenze. Riguardo al presunto scambio di corpi, il tribunale parla di «convergenza di risultanze investigative assolutamente diversificate». I giudici danno poi atto al magistrato di avere cercato di fare luce sull'identità e la sorte dell'uomo recuperato nel Trasimeno.
E' poi riscontrato, scrive il collegio, il collegamento tra l'indagine sulla morte del medico e l'inchiesta sui mandanti del mostro di Firenze (circostanza sempre negata dalla famiglia). In particolare si fa riferimento a una «miriade di elementi informativi» presenti nel fascicolo in base ai quali «è possibile provare, senza pressochè alcuna possibilità di smentita, la sussistenza di rapporti di frequentazione» tra il gastroenterologo e persone al centro degli accertamenti del Gides, il Gruppo investigativo sui delitti seriali di Perugia e Firenze, guidato da Michele Giuttari. In particolare con il farmacista di San Casciano Val di Pesa Francesco Calamandrei. Nell'ordinanza si fa anche riferimento agli accertamenti nei confronti di Narducci svolti dalla polizia all'epoca dei delitti fiorentini. In particolare - sostiene il pm - dopo l'omicidio degli Scopeti.
Accolta dal riesame anche la tesi accusatoria nei confronti di Trio e Di Carlo per quanto successo a ridosso dell'ottobre 1985. In particolare all'ex questore viene contestato di avere partecipato alle ricerche del corpo. A lui si sarebbe rivolto il padre del medico per evitare che fosse svolta l'autopsia. Un passo falso è poi considerata la richiesta rivolta al suo autista di recarsi a Sant'Arcangelo dove era stato trovato il cadavere del gastroenterologo quando il questore - è la tesi del pm condivisa dal riesame - non avrebbe ancora dovuto sapere del cadavere.
Il collegio ritiene inoltre che anche l'allora capitano Di Carlo, comandante della compagnia carabinieri di Perugia, sia sceso in campo più volte dopo la scomparsa di Narducci.
Reati che comunque i giudici ritengono in larga parte già prescritti.