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Autonomia, Emiliano: «A destra sognavano Almirante. Calderoli? Il blitz non gli è riuscito»

 
Bepi Martellotta

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Bepi Martellotta

Autonomia, Emiliano: «A destra sognavano Almirante. Calderoli? Il blitz non gli è riuscito»

«Regioni compatte, il presidenzialismo non passerà»

Domenica 20 Novembre 2022, 14:00

Presidente Emiliano, ha usato toni molto duri dopo il vertice tra i ministri sulle riforme: davvero l’Italia rischia di tornare al Risorgimento?

«La Lega e Calderoli, per dare un’evidenza alla loro presenza nel governo al momento abbastanza scialba e irrilevante, hanno provato il blitz sull’autonomia differenziata fondata sull’intesa tra singole Regioni e Governo, da ratificare a scatola chiusa da parte del Parlamento cui si negava il potere di modificarle. Significava considerare le Regioni come singoli Stati esteri rispetto alla Repubblica Italiana, assimilando l’intesa quasi ad un Trattato Internazionale. Solo per questi ultimi è infatti previsto che i parlamenti nazionali non possano modificarli, limitandosi a ratificarli o meno. L’ipotesi fatta sull’autonomia differenziata limitava con legge ordinaria i poteri legislativi costituzionali del Parlamento risultando quindi illegittima. Se fosse passata, ogni regione avrebbe potuto scegliere come al supermercato quali materie chiedere al Governo e quelle su cui legiferare in modo diverso dallo Stato o dalle altre Regioni. Insomma una babele che avrebbe costretto i cittadini italiani, anche in materie importanti come la scuola, i trasporti, l’energia, ad avere doveri e diritti diversi a seconda della Regione di residenza, come avveniva nell’Italia pre-risorgimentale».

Il presidenzialismo come equo scambio tra Fdi e FI e alla Lega l'offerta del federalismo mascherato da autonomia differenziata. È questo l’obiettivo?

«La forte resistenza opposta da alcune Regioni e la comprensione di questo atteggiamento da parte anche dei governatori di centrodestra, ha mandato in minoranza Calderoli persino nella sua maggioranza. Al punto che tutte le Regioni hanno richiesto che, per aumentare le materie di loro competenza, bisognasse prima di tutto stabilire quali fossero i diritti e i doveri uguali per tutti i cittadini sull’intero territorio nazionale. Secondo me la Meloni, verificata la malaparata, ha deciso di affondare la bozza Calderoli e di modificare la Costituzione nel suo complesso con le procedure ordinarie inserendo più poteri alle regioni insieme all’elezione diretta del premier. Impresa assai complessa visto che, salvo variazioni, attualmente il Governo non dispone della maggioranza per cambiare la Costituzione senza passare da un referendum popolare. Una cosa che, a farla in fretta, impiega non meno di due o tre anni».

Il Parlamento è stato già numericamente ridotto, ma qui pare che vi sia anche un conflitto anche all’interno del governo, tra i neocentralisti di FdI e i federalisti della Lega o no?

«Il ruolo del Parlamento è già stato fortemente ridotto dall’abuso dei decreti legge urgenti e sarebbe ancora più debole davanti ad un premier che non viene più nominato dal Presidente della Repubblica con la fiducia dei parlamentari, ma eletto direttamente dal popolo. Erano questi i sogni di risorgimento della destra post fascista di Almirante! Ma è chiaro che FdI ha una visione centralistica dello Stato che deve trovare una mediazione con le spinte federaliste della Lega. E i risultati si vedono».

Per quanto riguarda il ddl sull'autonomia, mancano i Lep: cosa accadrà?

«Sulla necessaria previa adozione dei livelli essenziali di prestazioni, tutte le Regioni sono state praticamente d’accordo. E in Conferenza questa compattezza è stata evidente, anche da parte dei governatori di centrodestra. Quanto al Pd, abbiamo ricomposto anche con chi, come Bonaccini, era più aperturista. Anzi, le Regioni del sud hanno guidato tutte le altre Regioni verso questa prima vittoria contro Calderoli e il suo blitz sull’autonomia “accelerata” dalla esautorazione del Parlamento. Da quando lavoriamo in permanente connessione le cose vanno meglio».

Regioni unite e governo diviso? Ad esempio, Fitto è d’accordo sulla bozza Calderoli?

«Non lo so, ma al posto suo avrei cercato di convincere il premier a stoppare questa accelerata del suo collega, visto che la partita del Pnrr con le Regioni dovrà gestirla lui e non Calderoli».

L'opposizione però non è che se la passi bene e il Pd sembra ancora frastornato dalla sconfitta elettorale. Ritiene che possa crearsi un fronte comune?

«Ci vorrà tempo per superare le fratture che la mancata alleanza alle elezioni politiche ha provocato al fronte progressista e antifascista. E persino dentro il Pd la sconfitta ha provocato un dibattito e un confronto di tutti contro tutti senza procedere innanzitutto ad una riconciliazione di tutta la nostra comunità prima ancora che del Partito».

Il Sud ha pagato già un tributo molto alto in questi anni, ad esempio nella sanità, rispetto al riparto delle risorse. Così facendo si si rischia di andare pure peggio?

«Il Pnrr non sarebbe mai stato di ben 208 miliardi se l’Unione Europea non avesse voluto cosi consentire all’Italia di affrontare il gap Mezzogiorno. Se il sud non avesse ceduto alla ripartizione del Pnrr 60/40 a favore del centro nord, in considerazione delle difficoltà economiche di quest’area del Paese dopo la pandemia, la ripartizione avrebbe dovuto essere, secondo l’indicazione europea, 80/20 o almeno 70/30 a favore del Sud. Ma quest’ultimo, ancora una volta, ha mostrato di farsi carico dei problemi nazionali e unitari in modo più maturo e naturale di quanto faccia il Nord ogni volta che si tratta di dividere le risorse disponibili. La ripartizione già molto favorevole al Nord del Pnrr non si può toccare senza scatenare un processo eversivo dei principi costituzionali e della unitarietà della Repubblica. Ecco perché questo non è il momento di riforme costituzionali che cambiano la forma dello Stato e squilibrano i contrappesi che i Padri costituenti hanno individuato nel 1948. E non può essere la maggioranza di governo da sola a riscrivere la Costituzione antifascista nata dalla lotta di Resistenza. Occorrerebbe un’assemblea Costituente rappresentativa di tutti gli italiani e non solo di una parte minoritaria che governa solo grazie ad una legge elettorale che pregiudica chi non si allea. Una riforma elettorale in senso proporzionale più rappresentativa del reale schieramento delle persone dovrebbe essere subito richiesta dalle opposizioni per aprire a una revisione costituzionale condivisa».

L'equilibrio e i contrappesi tra i poteri dello Stato ha sinora retto le sorti dell'Italia anche di fronte alle grandi crisi internazionali: un esempio recente è lo scontro sui migranti tra Francia e Italia, sedato da Mattarella. Col presidenzialismo?

«Se la Repubblica Italiana si trasformasse da parlamentare a presidenziale potrebbe essere cancellata o resa puramente formale la figura dell’attuale Presidenza della Repubblica. Non a caso Berlusconi lo aveva detto in campagna elettorale che “col presidenzialismo Mattarella dovrebbe dimettersi”. Uno sconquasso degli equilibri ben costruiti dai Padri Costituenti».

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