BARI - Il vincolo del 40% dei fondi Pnrr da destinare al Sud, formalmente, è ancora una volta rispettato. Ma la percentuale che il Dipartimento per le politiche di coesione ha calcolato nella seconda relazione sui fondi per il Mezzogiorno (il 40,8% del totale, cioè 86,4 miliardi) rischia di apparire fuorviante. Perché le cifre reali, per stessa ammissione dei tecnici del dicastero che fa capo (ancora per qualche giorno) a Mara Carfagna, sono parecchio più basse.
Il Pnrr vale 191 miliardi, che diventano 222 con i 30 miliardi del Fondo di completamento che comprende i progetti già finanziati con altre fonti. La fetta più importante, poco meno di 50 miliardi, è assegnata agli interventi del ministero delle Infrastrutture. Il nodo per comprendere l’assegnazione dei fondi al Mezzogiorno è nella distinzione tra risorse «territoriali» (quelle destinate a un ben definito intervento, in una determinata area) e risorse «territorializzabili», cioè che dipendono dall’esito di una procedura amministrativa: è il caso ormai noto dei fondi del ministero per l’Istruzione per finanziare gli asili nido (3 miliardi, il primo avviso ha visto pochissima partecipazione dai Comuni di Puglia, Basilicata e Sicilia), o di quello meno noto dei contributi per le imprese del ministero dello Sviluppo economico (che gestisce ben 18 miliardi e ne destina al Mezzogiorno solo il 24,8%). Sulla carta viene previsto di rispettare la quota Sud. Ma poi - perché mancano i progetti, oppure perché le imprese non hanno i requisiti - può capitare che la distribuzione dei finanziamenti o dei contributi vada in modo diverso...