Parliamoci chiaro: non è più la Fiera del Levante di una volta, la Campionaria che chiamava il Presidente del Consiglio di turno a dare conto al Sud delle opere fatte e di quelle da fare a favore del Mezzogiorno, la rassegna espositiva attesa per mesi per conoscere un nuovo modello di mezzo agricolo, l’ultima auto sfornata dalla Fiat quando ancora si chiamava così, addentare le delizie esotiche della Galleria delle Nazioni, assaporare un po’ di mondo.
Colpa della globalizzazione, della tecnologia, in ultimo della pandemia che ha reso un po’ tutti allergici ai convegni affollati e densi di interventi di una durata francamente intollerabile.
Eppure sbaglia chi ritiene la Fiera del Levante la stanca testimonianza di un passato che non ne vuole sapere di passare. Sono così pochi i luoghi di confronto, e ancor meno di scontro, a causa della disintermediazione che vieta le domande e impone videomessaggi senza contraddittorio, che servirebbero non una ma mille Fiere capaci di mettere nella stessa stanza decisori politici, classe dirigente e sindacati. Parlarsi in faccia, pur nei limiti della rigida formula della cerimonia inaugurale (perché non pensare a un talk?), è comunque sempre meglio che affidarsi ai comunicati, scritti o video che siano.
Non perché si vuole il conflitto a tutti i costi ma perché è sempre meglio sentire tutte le campane per salvarsi dalle stonature che rinunciare a prescindere a stringere la mano al prossimo.
Sono stati tanti i temi toccati ieri, spesso in chiave trionfale. Il ministro Urso ha rivendicato i risultati ottenuti sul dossier Ilva – ma vediamo come va a finire, sia sotto il profilo ambientale che per quanto riguarda l’occupazione diretta e indiretta – mentre il governatore Emiliano ha sottolineato la crescita economica della Regione, ben oltre la media nazionale. Un quadro di rose e fiori corroborato dai numeri ma del quale c’è una percezione diversa. Sono tanti i nodi da sciogliere sul fronte delle infrastrutture – strade e ferrovie sono le stesse di 30-40 anni fa – e troppe le carenze nell’assistenza sanitaria – mancano risorse e personale dice Emiliano, accusando il Governo centrale – per credere di vivere nel miglior territorio possibile.
Non va lasciato cadere il grido d’allarme del sindaco Leccese rispetto alla gestione delle opere realizzate con i fondi del Pnrr. E bisogna evitare che le presunte infiltrazioni della criminalità nella pubblica amministrazione barese diventino contesa tra fazioni al posto di una analisi rigorosa di fatti, protagonisti e circostanze.
C’è il mondo delle imprese che chiede sostegno e soprattutto regole certe e durature – il contrario insomma del balletto consumatosi sulla Zes – per crescere e investire. E c’è il mondo del lavoro che sconta ammortizzatori sociali spesso senza fine, sopporta un costo della casa ormai proibitivo e rivendica politiche di riqualificazione e formazione professionale attive non solo a parole.
La Fiera del Levante può essere, anzi deve essere, il luogo del confronto, della discussione, delle proposte e del dialogo. La parte commerciale ha naturalmente il suo peso ma non si può più fare a meno di pensare a un quartiere fieristico dotato di un centro congressi del quale Bari ha disperatamente bisogno da anni – unitamente a adeguate strutture ricettive – per colmare la lacuna e candidarsi a città di riferimento per i sogni e bisogni del Mezzogiorno.