«Sono a Bari perché voglio scrivere un’altra pagina di storia del calcio». Pierluigi Frattali sa come si fa. Il portiere romano ha già centrato il doppio salto dalla serie C alla A con il Parma. Un’impresa che lo portò dai meandri della Lega Pro all’esordio nel massimo campionato, proprio contro la Roma, ovvero la squadra della città in cui è nato 34 anni fa. Avrebbe potuto restare in Emilia, Frattali. Ma il richiamo di un’altra grande sfida lo ha immediatamente pervaso.
Pierluigi Frattali, partiamo dalla stretta attualità: quanto dispiace non aver giocato la gara contro la Sicula Leonzio?
«Moltissimo. Eravamo in un ottimo momento. Reduci da 15 risultati utili e tre vittorie di fila: probabilmente avremmo avuto pure un bel pubblico al San Nicola. Eravamo concentrati sul da farsi, con le idee chiare. Purtroppo, esistono anche le cosiddette cause di forza maggiore: ci adeguiamo alla posizione della Lega».
Qual è il bilancio del girone d’andata?
«Ottimo. Una volta che la Reggina ha accumulato vantaggio, potevamo soltanto puntare al secondo posto e lo abbiamo raggiunto, sebbene in coabitazione con il Potenza. 14 risultati positivi sono davvero tanti: forse avremmo meritato anche maggiori soddisfazioni in classifica. Purtroppo il destino per la promozione non è più nelle nostre mani, ma dobbiamo farci trovare pronti sia in caso di rallentamento dei calabresi, sia se dovessimo affrontare i playoff».
Dalla porta si ha una visuale privilegiata: che cosa le piace del Bari e che cosa va migliorato?
«Mi piace lo spirito di gruppo, la voglia di aiutarsi l’uno con l’altro che ha generato grande solidità: basti vedere il numero dei gol subiti e le volte in cui la nostra porta è rimasta inviolata. Dobbiamo essere ancora più cattivi agonisticamente, spietati, determinati a vincere su ogni campo. Perché quella è la nostra missione».
Vivarini si sta affidando soprattutto al gruppo di esperti: che cosa consiglia ai giovani che stanno avendo meno spazio?
«Ragazzi come Awua e Folorunsho ad esempio hanno qualità e hanno già affrontato questo torneo mostrando il loro valore. Devono credere nelle loro doti e poi occorre che tutti noi ci convinciamo che si è determinanti sia giocando dall’inizio, sia entrando nel corso del match».
Da quando è stato cambiato tecnico, il suo lavoro è sensibilmente ridotto. È chiamato in causa poche colte a match: l’attenzione è la dote da allenare di più?
«È il destino di ogni portiere che milita in un club costruito per vincere. Mi è capitato altre volte in carriera: penso di sapermela cavare. Certo, se poi capitano gol come quello di Emerson del Potenza, anche la massima concentrazione può non bastare».
Può spiegare la sua scelta estiva, il desiderio di essere protagonista di una nuova storia?
«Ero sotto contratto a Parma: una città in cui si vive benissimo. Ho moglie e due bambine: non era semplice optare per il trasloco. Ma Bari è una di quelle opportunità che irrinunciabili per un calciatore. Una grande piazza, un pubblico che ti fa sentire vivo. C’è un progetto serio, farne parte è un onore: devo ringraziare la mia famiglia per aver assecondato questo desiderio. Sì, ci sono tutte le possibilità di ricostruire ciò che ho già realizzato a Parma. Vincere qui sarebbe qualcosa da portarsi dentro per sempre».
Quindi lei punta direttamente alla serie A?
«Inutile nascondere che quello è il sogno della città e noi dobbiamo fare di tutto pur di realizzarlo. Ho un vincolo che scadrà nel 2022: diciamo che non dovrei sbagliare un colpo. Non so fare previsioni troppo a lungo termine: dovrò vedere se il mio fisico reggerà, in quali condizioni sarò. Ma il Bari deve tornare nel calcio che conta perché quello è il suo posto. Ma ora pensiamo all’attualità, a perseguire una promozione che questo gruppo ha tutto per centrare».