Fa buio presto, è tempo di mettersi in cammino in cerca di poesia, di voci che sono lumi accesi e braci ardenti in pieno inverno, case nel bosco, sorgenti e direzioni che restano l’altrove editoriale rispetto al solito monopolio. Sfuggono una manciata di versi dalla voliera pensata per tutti quei libri che finiscono con l’assomigliare alle fiere addomesticate negli zoo, le opere di tre poeti questo dicembre si involano con la libertà che le ha determinate dentro e fuori dal Salento di chi sceglie di restare a costruire seguendo il manifesto poetico di Antonio Verri – «Cominciate, poeti, a spedire fogli di poesia/ Ai politici, gabellieri d’allegria/ A chi ha perso l’aria di studente spaesato/ A chi ha svenduto lo stupore di un tempo/ Le ribalte del non previsto,/ai sindacalisti, ai capitani d’industria/ ai capitani di qualcosa/ (…) non alzatevi in piedi per nessuno, poeti/ … se mai odorate la madre e il miglio stompato/ Le rabbie solitarie, le pratiche di rivolta, il pane. Ecco. Fate solo quello che v’incanta! Fate fogli di poesia, poeti» - oppure continua ad andarsene lontano per fare ritorno.
A tornare nel Salento, ogni tanto, è l’attrice e regista teatrale Lea Barletti che ha da poco firmato Dissotterrare i viventi, una raccolta di poesie edita da Collettiva. Hanno scelto, invece, di restare a praticare la poesia nel Salento il poeta Marcello Buttazzo, voce prolifica che ha appena pubblicato la sua nuova raccolta poetica Aspettando l’aurora con IQdB – I Quaderni del Bardo Edizioni e Mauro Marino, poeta, giornalista e operatore culturale instancabile, pietra angolare dell’attivismo poetico nel Salento dove ha fondato e portato avanti il Fondo Verri Libero Cantiere con Piero Rapanà e felice padre del diario in versi Poesie della vicinanza edito da Spagine con note di Milena Magnani e un sottotitolo lampante Diario dei giorni 2020 – 2024: «Qualcosa si perde/ molto viene in dono./ Quel dono sta nel poco».
Leggendo i titoli di queste tre opere ponendole in una simbolica linea ardente, si ottiene una quarta via poetica da offrire in dono ai lettori in cerca della parola in purezza affinché sia davvero Natale: Dissotterrare i viventi, Aspettando l’aurora, Poesie della vicinanza. Nel primo libro, quello di Lea Barletti, c’è un nucleo pulsante: Serie Anatomica, ovvero: l’anima è un muscolo lunghissimo (Atto provvisorio del corpo unico in 10 movimenti). Barletti dialoga con l’altro, invitandolo ad auscultare il battito cardiaco dentro ogni verso: «Io vi regalo il mio sgomento / l’angolo ferito dello sguardo / vi regalo la mia ultima bugia / la paura della fine, il mio sonno intatto». Il corpo scritto di Barletti è il corpo dell’attore, è quell’umano custode dell’invenzione chiamata tempo e di un linguaggio peculiare: «Spezza il guscio del sonno/ escine gheriglio intatto/ incastro perfetto di emisferi./ Separa con delicatezza/ riunisci con furore./ Non c’è incontro senza deviazione/ senza perdita di conoscenza».
Le Poesie della vicinanza di Mauro Marino, invece, omaggiano i giganti incontrati in cammino, amici, artisti e figure del calibro di Antonio Verri, Luigi Chiriatti, Rina Gaudio, Ilaria Palomba, accanto a queste figure ci sono le muse quotidiane incontrate durante i suoi laboratori di espressione creativa al Centro per la cura e la ricerca sui disturbi del comportamento alimentare della Asl di Lecce. La vicinanza di Marino è uno stato di grazia: «mi sono abituato al poco, al niente / allo stare a vivere soltanto, semplicemente, / che è tutta grazia ciò che viene / senza paura, qualcosa accadrà, verrà a risolvere».
A chiudere questo trittico salentino c’è la nuova opera del poeta Marcello Buttazzo che slarga la sua indagine esistenziale nelle pagine di Aspettando l’aurora con uno sguardo mai distolto dagli ultimi invisibili, i suoi versi sono a servizio di chi non ha voce e rispondono alla domanda crudelmente attuale: esiste l’Uomo? Da vero umanista, Buttazzo continua ad attraversare il dubbio, il malcontento, le periferie del singolo e quelle di una comunità che dentro ci si smarrisce di continuo: «A chi dare/ il computo degli anni, il resoconto degli affanni?/ A chi dare/ le notti insonni/ e le aurore sitibonde?/ E lo stupore/ d’essere ancora vivi?/ A chi darlo?/ A chi donare/ le parole taciute/le parole pronunciate/ le cadute, le risalite?/ Con chi festeggiare/ la fine di queste arsure, quando frescure di tramontana sopraggiungeranno?/ Con chi evocare i vissuti, i propri e gli altrui?/E le sconfitte?/ Con chi parlare delle inevitabili disfatte in questo mondo di vincenti, in questa società di sapienti?/Ma sì, meglio, molto meglio essere silenti/ assecondare il corso degli eventi./ E uscire per strada ad incontrare la parte sana degli esseri viventi».
















