Corre l’anno 2011. Nonostante l’Italia abbia retto bene il colpo della crisi dei mutui subprime, sul tavolo del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, arriva una lettera a doppia firma: Jean-Claude Trichet e Mario Draghi, rispettivamente presidente uscente ed entrante della Bce. Chiedono riforme lacrime e sangue, cioè austerità e liberalizzazioni, per salvare l’euro. Il Cavaliere accoglie parte delle richieste, ma non tutte. Non basta. Si salda un asse internazionale con i mercati che trovano illustri sponde politiche in Angela Merkel, Nicolas Sarkozy, Barack Obama e nell’inquilino del Colle, Giorgio Napolitano. Pure la stampa italiana collabora. Il Sole24Ore urla in prima pagina: “Fate presto”. Berlusconi capisce di essere il bersaglio ma prova a reggere per scongiurare il massacro e non fare le valige. Lo spread intanto schizza e Mediaset crolla in borsa. Vuoi salvare la baracca? Leva le tende. E così arriva la resa che spalanca le porte di Palazzo Chigi al loden verde di Mario Monti che gli italiani ancora ricordano bene.
Si è consumato, sulla testa del popolo e del Parlamento, quello che Honoré de Balzac definiva “il delitto di una scellerataggine più profonda dell’omicidio”: il ricatto. Una sorta di virus che infesta la nostra società, in alto come in basso, un male sistemico che scambiamo per episodico. Un veleno puntiforme che sfugge ai radar, confida nel silenzio, nella spregiudicata golosità della stampa e nell’incapacità occidentale di vedere il quadro d’insieme, il problema oltre i problemi, il disegno che vien fuori unendo i puntini. Di metterci sulla strada di una presa di coscienza definitiva si fa carico il volume La società del ricatto. E come difendersi (Guerini e associati) del giornalista e saggista Marcello Foa, già presidente della Rai dal 2018 al 2021. È un libro spaventoso perché spaventosa è l’impressione che lascia nel lettore. Pagina dopo pagina, ci si rende conto di quanto la cultura del ricatto sia pervasiva e onnipresente. Tutto è blackmail per usare il termine inglese che, alla lettera, si traduce con “scatola nera” (quella delle nefandezze di ognuno) o “cattivo accordo” (quello che mette il malcapitato spalle al muro). Sono ricattati i piccoli Stati, sottoposti al commissariamento e alle logiche predatorie dei più grandi. Sono ricattate le medie potenze, come l’Italia, da nazioni che potrebbero spedirci milioni di migranti, e in cambio vogliono soldi, o più spesso da quello che si definisce, con asettica espressione, il “vincolo esterno” dei patti di bilancio. Sono ricattate le piccole aziende che infastidiscono gli oligopoli, i lavoratori precari che provano ad alzare la testa. Sotto ricatto vivono gli anziani privati del diritto di non saper usare le nuove tecnologie (“ce l’ha lo Spid?”). È ricattato il mondo dell’accademia, totalmente devastato dal fanatismo bigotto della cultura woke: o ti allinei o sei fuori. Ma il ricatto striscia anche, e con effetti ancor più devastanti, fra le mura domestiche. Figli che ricattano i genitori (“smettila o ti chiudo in una Rsa”), mogli che ricattano i mariti (“non ti faccio vedere più i bambini”) o donne costrette a vivere nella minaccia esplicita di una reazione violenta dell’uomo che sventuratamente hanno accanto.
E poi, naturalmente, c’è la politica che s’è fatta moralista giusto in tempo per apparecchiare la tavola della “character assassination”, cioè della distruzione della persona che si desidera rimuovere squadernando notizie imbarazzanti sulla sua vita personale o professionale. Non solo Berlusconi. Da destra a sinistra, i casi non si contano con la complicità di una stampa servile che accende i fuochi o li spegne (il caso di Hunter Biden) in base ai desiderata del potere. Nel calderone, naturalmente, anche le feste dei vip, quelle ad esempio organizzate da Jeffrey Einstein o Puff Daddy, vere e proprie trappole lucignolesche con tanto di telecamere (nel primo caso) a immortalare le performance sessuali di personalità in vista, anche politiche, con ragazzine minorenni assoldate per l’occasione. E il silenzio quanto è costato?
Insomma, tutto il mondo è ricatto: continuo, perpetuo, incessante. Eppure, i contrafforti – privati e pubblici, morali e sistemici – li avremmo, ricorda Foa in chiusura, evocando le virtù del “giusto mezzo” aristotelico e il sistema dei pesi e contrappesi auspicato da Montesquieu. Anticorpi dismessi, basamenti di civiltà perduti per strada. L’uomo occidentale è nudo di fronte alla follia che ha generato. Prenderne coscienza potrebbe essere già qualcosa