Discutere con il filosofo Diego Fusaro significa tornare a masticare parole dimenticate. E a citare autori morti due volte, come Karl Marx e Antonio Gramsci, da cui l’attuale mondo progressista si tiene ben alla larga preferendo altri e meno scomodi riferimenti. Uno su tutti, suggeriscono le cronache, il Manifesto di Ventotene, libro sacro dell’europeismo da sfogliare tra un piano di riarmo e una canzone di Vecchioni. Possibilmente senza leggerlo davvero. “Perché altrimenti – ammonisce Fusaro – di cose da dire ce ne sarebbero parecchie”.
Professore, anche lei come Giorgia Meloni?
«C’è una differenza. Meloni ha criticato il Manifesto da destra, io invece lo critico da sinistra se vogliamo usare ancora queste categorie obsolete».
Qual è il punto?
«Il Manifesto di Ventotene è ampiamente criticabile perché, di fatto, sdogana l’idea di una sinistra contraria alla sovranità nazionale e aperta a quella globalizzazione che altro non è se non il mercato cosmopolitico. In questo senso, l’Ue, seppur in forma degenerata, si può intendere come l’attuazione del Manifesto».
Di questa “attuazione degenerata” fa parte anche il piano di riarmo da 800 miliardi?
«Nel Manifesto è contenuta l’idea di un riformismo dall’alto, definito da un gruppo di illuminati liberali che vogliono superare gli Stati nazionali per creare un’Europa più giusta. Sono utopie da anime belle che ci hanno portato al dispotismo dei mercati dell’Ue e a decisioni scellerate come, appunto, quella sul piano di riarmo di cui penso tutto il male possibile».
L’Ue non ha bisogno di armarsi?
«Intanto avrebbero potuto investire quei soldi in sanità e istruzione, per esempio. Nei fatti è un tentativo di rianimare l’economia tedesca ma, al di là di questo, il riarmo non ha affatto una valenza difensiva, perché nessuno vuole invadere l’Ue».
Ci raccontano che Putin vorrebbe andare a prendersi un caffè a Lisbona. Non è così?
«Se la Russia avesse voluto invadere l’Europa l’avrebbe già fatto e non avrebbe certo aspettato che essa si riarmasse. Mosca non ci ha mai invasi né lo farà. Tutto è basato sulla menzogna. E, anzi, il riarmo stesso è il tentativo europeo di provocare la Russia oltre ogni misura».
Intanto Bruxelles suggerisce di dotarsi di kit di sopravvivenza …
«In un mio libro che si chiamava Demofobia parlavo di fobopolitica, cioè delle politiche basate sulla paura. Il suddito terrorizzato è quello che accetta ogni misura purché sia presentata come atta a garantirgli sicurezza. Questa demenziale trovata del kit rientra in tale schema come tante altre iniziative obbedienti all’idea dell’emergenza permanente».
Azzardiamo: anche il Green Deal ne fa parte?
«Ci sono emergenze sanitarie, energetiche, militari e, appunto, climatiche. Per chi conosce un po’ Marx è evidente che l’unico metodo per salvare l’ambiente è uscire dal capitalismo e non certo riverniciare di verde il capitalismo stesso, imponendo dall’alto i costi ai cittadini. Perché questo fa il Green Deal: scarica i costi della devastazione capitalistica dell’ambiente sui ceti medi e sulle classi lavoratrici che, peraltro, non contribuiscono alla devastazione ma la pagano. È lo stesso schema che abbiamo visto con la crisi finanziaria: prodotta dalle banche e fatta pagare ai cittadini».
La propaganda europea si è nutrita della forza di alcune piazze, a cominciare da quella convocata dal giornalista Michele Serra. Che idea si è fatto?
«Non c’è mai stata, a memoria d’uomo, una piazza tanto demenziale. Una piazza che canta Bella ciao e invoca il riarmo, che chiama pace la guerra, una cosa che neanche a Orwell sarebbe venuta in mente in forma così radicale. Sono masse manipolate pronte ad obbedire cadavericamente ai desiderata dei gruppi dominanti. Poi, naturalmente, hanno mobilitato bardi e cantastorie di varia estrazione per giustificare questo scempio che supera perfino quello del 1999 quando le sinistre scendevano in piazza a sostegno dei bombardamenti della Nato contro la Serbia».
Alla fine, professore, in mezzo a tanta desolazione vede qualche segno di riscatto?
«In Europa direi di no. Registriamo il deserto della critica dacché la massima parte degli intellettuali sono ormai organici al capitale, diremmo variando Gramsci. A livello politico abbiamo partiti plurali ma che sono tutti espressione della grosse koalition capitalistica. Ma va meglio fuori dai confini Ue. Penso ai Brics. Alla Russia, alla Cina, all’Iran. Mondi diversi che si stanno organizzando per resistere all’imperialismo dell’Occidente. Anzi, dell’Uccidente».