BARI - La crisi idrica, che sta mettendo in ginocchio tutta la Puglia, non fa sconti a nessuno, non fa differenze fra giovani e anziani, fra adulti e bambini. A Bari, nelle centinaia di palazzine sprovviste di serbatoi e autoclavi, i rubinetti a secco stanno togliendo il sonno ai cittadini e rendendo amare le festività ormai alle porte.
Elisa (nome di fantasia), alunna di una seconda elementare in una scuola del quartiere Carrassi, legge la letterina in classe. «Caro Babbo Natale, non ti chiedo bambole e giocattoli. Come regalo vorrei che l’acqua scorresse dal rubinetto, così la mamma smette di piangere e papà smette di gridare».
Il dramma della famiglia della piccola di sette anni è racchiuso in poche righe: da ormai due mesi, da quando l’Acquedotto ha ridotto la pressione perché gli invasi sono vuoti, i disagi si moltiplicano.
Elisa è una bambina curata e pulita perché suo padre ogni mattina si mette in coda davanti alle fontane pubbliche e riempie taniche e taniche utili per cucinare, per lavarsi la faccia e i denti. La mamma riutilizza per lo scarico del water l’acqua usata per igienizzare i pavimenti. Tutta la casa è piena di secchi. Elisa e i suoi fratelli il bagnetto lo fanno dalla nonna che abita in un condominio dotato della cisterna di accumulo.
Ma purtroppo non sarà soltanto Elisa a festeggiare un Natale a secco. Nei rioni più popolosi, da Bari vecchia al Libertà, passando per San Pasquale e Carbonara, caratterizzati da stabili vecchi, l’emergenza idrica continua a togliere il sonno ai residenti.
Qualcuno continua a chiedere l’intervento del sindaco. Un cittadino scrive sulla pagina Facebook di Antonio Decaro: «Va bene la ruota panoramica e i mercatini di Natale. Ma, sindaco, quando andrà dall’Aqp a sbattere i pugni per l’acqua? Da mesi abbiamo i rubinetti a secco. Roba da terzo mondo». E ancora: «Le utenze di luce e gas il sabato e la domenica costano meno . Peccato però che noi baresi non possiamo usufruirne perché ci è stata tolta l’acqua. Non possiamo neanche lavarci la faccia. Grazie Acquedotto pugliese».
Il Comune non può risolvere il problema. E nei condomini scoppiano liti furibonde. Spiega Mauro Simone, presidente dell’Alac, l’Associazione liberi amministratori condominiali, impegnato nelle riunioni con i suoi associati per indicare la strada da seguire nei casi dei contenziosi che riguardano l’emergenza idrica: «I ricorsi davanti ai giudici si moltiplicano. A chiedere l’intervento della magistratura sono sia gli amministratori di condominio sia i singoli residenti degli stabili sprovvisti di autoclave. Sono in corso le procedure d’urgenza, il cosiddetto articolo 700 del codice di procedura civile: spesso è il giudice a obbligare tutti i condomini a sostenere le spese necessarie a dotare i palazzi di cisterne di accumulo».
L’emergenza idrica sta scatenando una guerra fra poveri. Le discussioni più feroci hanno come teatro proprio quelle palazzine abitate dalle famiglie con i conti in rosso, che mal accettano di accollarsi la spesa aggiuntiva del montaliquidi.
Chi abita al primo o al secondo piano, negli stabili sprovvisti di riserve, si rifiuta di sostenere i costi delle pompe di spinta, indispensabili a portare l’acqua, nelle ore in cui viene erogata al contatore, fino ai piani alti. Per dirimere le controversie, ci si rivolge a un arbitro terzo.
Vito Palumbo, responsabile della comunicazione per conto dell’Acquedotto pugliese, ribadisce: «Aqp rende l’acqua disponibile, ma poi è impegno di proprietari di casa e amministratori far giungere l’acqua in tutti i punti dell’edificio, ovviamente grazie a meccanismi che siano a norma».
[red. cro.]