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«Puglia, l'acqua finirà a marzo»
Se non piove resta a secco
il 50 per cento dei cittadini

«Puglia, l'acqua finirà a marzo»
Se non piove resta a secco
il 50 per cento dei cittadini

 
«Puglia, l'acqua finirà a marzo» Se non piove resta a secco  il 50 per cento dei cittadini

Giovedì 19 Ottobre 2017, 10:37

20 Ottobre 2017, 13:35

BARI - Se non dovesse piovere nemmeno una goccia, la riserva idrica costituita dagli invasi lucani si esaurirà a marzo nonostante ogni possibile taglio all’erogazione. È lo scenario più catastrofico quello che Acquedotto Pugliese ha illustrato ieri alla Camera nel corso dell’audizione sulla crisi idrica nelle regioni italiane. Uno scenario impossibile, certo (mancano cinque mesi). Ma è con questo spettro che bisogna fare i conti, ed è per questo che dal 1° novembre ci saranno altre riduzioni di pressione.
Il numero uno di Aqp, Nicola De Sanctis, lo ha detto chiaramente. Se gli invasi del Sinni e del Pertusillo si esaurissero, rimarrebbe a secco metà della popolazione pugliese: quasi 2 milioni di persone (soprattutto la Puglia meridionale, visto che il Barese è in gran parte servito dalle sorgenti del Sele-Calore). E, oltretutto, lo svuotamento del Pertusillo lascerebbe senza acqua anche 10mila abitanti della Basilicata.
È una situazione che si vuole evitare. E del resto, basterebbe che il livello di piovosità da oggi in poi si allineasse con uno qualunque degli ultimi dieci anni (è lo scenario P10 nel grafico in alto) per scongiurare ogni problema: ad aprile negli invasi ci sarebbero circa 250 milioni di metri cubi, meno del 2017 ma comunque sufficienti a non mettere in crisi il sistema idrico pugliesi. Le previsioni di Aqp, che si basa su un modello matematico finora piuttosto affidabile, dicono però che non è prevista pioggia nelle aree delle dighe almeno per quindici giorni. E dunque bisogna essere prudenti.
Gli invasi garantiscono del resto il 65% del fabbisogno della Puglia, e e Sinni e Pertusillo da soli coprono 210 dei 300 milioni di metri cubi prelevati ogni anno dalle dighe, dove al momento c’è il 50% di quanto mediamente c’era nell’ultimo decennio. Aggiungiamo che dalle dighe si preleva anche per l’agricoltura e per gli usi industriali, e che le sorgenti irpine forniscono oggi un terzo di acqua in meno del normale, ed ecco il quadro è completo. I pozzi, infatti, difficilmente potranno dare molto di più di quanto viene già prelevato oggi.
«Siamo preoccupati ma stiamo monitorando la situazione fin dallo scorso aprile - ha detto ieri De Sanctis rispondendo alla commissione Ambiente della Camera -. Sono in corso una serie di interventi straordinari, ed altri ne saranno avviati nel breve periodo grazie al coordinamento con la Regione, l’Aip e l’Autorità di bacino». Si è parlato, ovviamente, anche delle perdite: «È un problema che esiste in tutta Italia e che dipende dalla vetustà delle reti. Aqp, che gestisce 5.500 chilometri di reti di approvvigionamento, ha perdite lineari sensibilmente inferiori rispetto a quelle medie rilevate dall’Istat nei capoluoghi di provincia. Ma stiamo attuando un nuovo progetto da 80 milioni che punta a riablitare le reti con i tassi di perdita più elevati». [m.s.]

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