NICOLA PEPE
BARI - Spiava nei redditi della sorella e del cognato grazie al collegamento della Regione Puglia con la banca dati dell'Agenzia delle entrate e utilizzava le informazioni per una questione familiare legata a un'eredità. Un dipendente del settore finanze della Regione è indagato dalla Procura di Bari per accesso abusivo al sistema informatico per aver ripetutamente e indebitamente utilizzato - 91 volte - le sue credenziali come «supervisore» dell'accordo Regione Puglia-Agenzia delle Entrate per ficcanasare nel patrimonio dei suoi familiari. «Non per diffonderli all'esterno», si è difeso, ma per questioni personali (e patrimoniali).
L'inchiesta penale - all'indagato L. A. 66 anni, residente a Modugno, è stato notificato l'avviso di conclusione delle indagini preliminari dal sostituto procuratore presso il tribunale di Bari, Francesco Bretone - è scaturita dopo una dettagliata informativa del Garante della privacy al termine di una approfondita istruttoria sul caso del dipendente spione, il quale ha anche «confessato».
Tutto è iniziato con un esposto fatto un anno fa dalla sorella (e da suo marito) dell'impiegato della Regione: la donna ha lamentato al Garante della privacy il sospetto che suo fratello avesse avuto accesso ai redditi familiari poichè nel corso di un'accesa lite relativa alla successione dopo la morte della mamma, era emersa la sua conoscenza di dettagli reddituali riservati. Un sospetto confermato proprio dal ruolo svolto per la Regione come impiegato dell'Ufficio tributi che ha accesso al casellario informativo dell’Anagrafe tributaria.
Il Garante della privacy ha scritto all'Agenzia delle entrate chiedendo di eseguire una verifica sui codici fiscali dei denuncianti. La conferma è arrivata poco tempo dopo quando è stato accertato che in quattro diverse giornate, tra il 30 ottobre 2013 e il 21 dicembre del 2015, erano stati compiuti molteplici accessi (91) all'anagrafica degli interessati da parte di una utenza della Regione Puglia riconducibile proprio allimpiegato sotto accusa.
La Regione, tirata in ballo dal Garante, ha girato la dichiarazione del suo impiegato il quale ha giustificato il suo comportamento in quanto «soggetto personalmente interessato alla verifica dello stato patrimoniale a seguito della procedure successorie». Pomo della discordia, due appartamenti uno a Bari l’altro in un’altra regione, rimasti liberi dopo la morte della mamma e sulla cui vendita si era innescata una controversia: l’interesse dell’impiegato, che vive in affitto ed è monoreddito, era quello di incassare la sua quota dell’appartamento di Bari per il quale la sorella aveva manifestato interesse all’acquisto.
Da qui la volontà di capire se la sorella avesse o no i soldi necessari per acquistare l’immobile, dunque chiarire il perche di tale «ritardo» nella compravendita.
Insomma, quello che ciascun comune mortale non può fare perchè costretto a riempire moduli, rivolgersi ai legali o avviare giudizi, l'impiegato ha ritenuto «corretto» (e più comodo) farlo utilizzando uno strumento della pubblica amministrazione per fini squisitamente personali (e ovviamente patrimoniali).
Da qui la denuncia alla Procura di Bari. In attesa della definizione del procedimento penale, i familiari (spiati) dell'indagato hanno tentato una mediazione per il risarcimento del danno anche con la Regione Puglia in quanto responsabile dell’operato del suo dipendente che se l’eè cavata con una «ammonizione verbale». Ma la procedura non ha avuto alcun esito, quindi la vicenda familiare si sposterà nelle aule di giustizia. Stavolta, senza alcun privilegio.