LECCE - Con due milioni di euro di finanziamenti pubblici avrebbe dovuto aprire tre 'sportellì a Lecce, Brindisi e Taranto per assistere le vittime dell’usura e del racket. Quei soldi, invece, attraverso assunzioni fittizie, false missioni, fatture e rendiconti creati ad arte sono finiti - secondo l’accusa - nella tasche della presidente dell’associazione antiracket Salento, Maria Antonietta Gualtieri, leccese di 62 anni. Un video girato dalla Guardia di Finanza di Lecce documenta quanto accadeva nell’ufficio della cosiddetta presidente antiracket: c'era un viavai di persone, ritenute complici del raggiro, che portavano alla donna buste piene di contanti che Gualtieri apriva, contava e metteva in borsa. Dalla disinvoltura con la quale tutti agivano, si capisce che era un’operazione di routine.
Gualtieri oggi è stata arrestata assieme ad altre tre persone con l’accusa di truffa aggravata, peculato e frode nella percezione di fondi pubblici destinati alle vittime del racket e dell’usura. Sette dei 40 indagati sono stati interdetti dai pubblici uffici, tra cui - per un anno - l’assessore al Bilancio del Comune di Lecce, Attilio Monosi (Direzione Italia), che in serata si è dimesso dall’incarico in vista dell’interrogatorio di domattina dinanzi al gip. Monosi, che ha proprio oggi avrebbe dovuto presentare la sua candidatura al Consiglio comunale di Lecce, cosa che in serata ha fatto dopo aver raccolto la fiducia del suo partito e del sindaco di Lecce, è indagato per truffa solo in relazione alla gestione delle pratiche fatte per agevolare i pagamenti di lavori effettuati nella sede leccese della stessa associazione con danaro del Comune di Lecce, anziché con fondi del commissario antiracket.
In carcere, assieme a Gualtieri, sono finiti il funzionario del Comune di Lecce Pasquale Gorgoni, coordinatore dell’ufficio Patrimonio, accusato di corruzione, e Giuseppe Naccarelli, ex dirigente del settore finanziario del Comune di Lecce. Ai domiciliari si trova Serena Politi, segretaria dell’associazione antiracket. Oltre a Monosi, sono stati interdetti gli avvocati dei tre 'sportellì di fatto non operativi: Marco Fasiello (figlio di Gualtieri), Fabio Varallo e Chiara Manno; il consulente del lavoro Francesco Lala e gli imprenditori Michele Pasero e Giancarlo Saracino.
Proprio gli imprenditori, come i dipendenti e i professionisti che fittiziamente lavoravano per gli sportelli antiracket, avevano l’obbligo di restituire in contanti le somme percepite con bonifico. Tuttavia, a differenza degli altri, le imprese potevano trattenere il 20% dell’importo fatturato a titolo di compenso. Nelle indagini sono finiti anche i finanziamenti ottenuti dall’associazione, con la complicità di funzionari del Comune di Brindisi, per la ristrutturazione della sede brindisina dell’antiracket.
Che ci fosse qualcosa che non andava se ne era accorto l'ufficio del commissario antiracket, che aveva chiesto chiarimenti sulle richieste di rimborso delle spese sostenute dall’associazione. Per coprire la presunta frode, gli indagati avrebbero creato documenti fittizi per dimostrare il rispetto delle procedure. Gualtieri, inoltre, avrebbe 'istruitò i testimoni chiamati a deporre dinanzi ai militari della Gdf sulla versione da dare per non far emergere la frode da due milioni di euro sulla quale gli investigatori indagavano da tempo, somma che oggi è stata sequestrata a 32 indagati.