di MARIANNA LA FORGIA
MOLFETTA - Molfetta e l’infinito. È bello pensare che un po’ di magia e di fatalità aleggino sulla città adriatica e il Giro d’Italia in questo 2017. Un anno speciale per entrambe le protagoniste della più famosa gara ciclistica nazionale perché racchiude tante piccole coincidenze che rendono speciale questo evento. La tappa Molfetta-Peschici (189 km passando per Trani, Barletta, Manfredonia, Monte Sant’Angelo, costa del Gargano sino a Vieste e Peschici) del 13 maggio prossimo sarà l’ottava di tutto il tour tricolore, l’unica nel Sud Italia, lo stesso numero di tappa di quel 13 maggio 1909 in cui il Giro cominciò a riempire le pagine dei giornali, cominciò a diventare grande, a far parlare di sé, a scoprire i campioni della due ruote come i nuovi professionisti dei colleghi d’oltralpe con una tappa che andava da Milano a Napoli. E a maggio saranno 100 gli anni del Giro d’Italia (nelle due grandi guerre il tour si fermò) cosicché nell’occasione il comitato di tappa molfettese, presieduto da Loredana Lezoche, ha fatto realizzare il logo dell’evento dell’agenzia Market-ing che è molto piaciuto ai piani alti di Rcs: un ciclista stilizzato su una bici le cui ruote rappresentano il 100 e il simbolo dell’infinito, una storia di sport che non avrà mai fine.
«Non sono superstiziosa – dice Lezoche – ma credo nelle coincidenze: non può essere un caso che Molfetta, a 100 anni di distanza, sia stata la prescelta per l’ottava tappa del Giro senza un motivo. Credo ci sia stata data l’occasione per dimostrare che possiamo farcela: Molfetta è una città strana, i cittadini sono sempre molto critici su quello che c’è o non c’è da fare, ma in questo caso tutte le attività si stanno impegnando per rendere questo appuntamento indimenticabile, tanto più che lo stiamo realizzando a costo zero (a parte i 30mila euro a Rcs Sport per l’organizzazione generale della partenza come ha riferito il commissario prefettizio di Molfetta Mauro Passerotti, ndr)». E poi c’era lui, il ciclista italiano più vincente di sempre, il volto più famigliare da ricordare tra tutti i campioni della due ruote, riconoscibilissimo da donne e anche dai ragazzini: Francesco Moser.
La sfilza dei titoli è veramente lunga, ma quello che conta sono i ricordi, i racconti e gli aneddoti di un ciclismo che non c’è più e di tappe in Puglia che lo legano al tacco d’Italia più di quando non si pensi. «Nel 1976 vinsi l’argento su strada ad Ostuni e fu una gioia immensa – racconta sorridente il pluricampione Moser – e poi ci sono stati i Mondiali su pista a Monteroni dove vinsi il titolo, come Coppi, e poi un aneddoto che mi fa sorridere quando arrivai terzo in volata alla tappa di Peschici. Una volta sul podio diedero la maglia rosa a Giuseppe Saronni (storico rivale, ndr): feci presto due conti e quella maglia spettava a me. Lo dissi e con imbarazzo lui si sfilò la maglia e io la indossai con ancora più enorme piacere». Un ciclismo competitivo e sano che ancora Moser non molla anche se si dedica alla produzione di vino. «Non c’è modo migliore per vedere la Puglia nella sua bellezza che andare in bicicletta - ha spiegato poi il presidente della regione Puglia Michele Emiliano -: investire su un’attrazione di marketing legata al ciclismo è una scelta che mira anche a sollecitare la comunità a un diverso modello di mobilità. Soprattutto in luoghi come la Puglia che non hanno le asperità del Trentino e consentono a chi va su due ruote di godere pienamente delle sue bellezza straordinarie».