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Decaro: «Su Edilizia giudiziaria
e passaggio Ici-Imu le prime
risposte alle richieste dei sindaci»

 
Bepi Martellotta

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Bepi Martellotta

Decaro: «Su Edilizia giudiziaria e passaggio Ici-Imu le prime risposte alle richieste dei sindaci»

Domenica 16 Ottobre 2016, 12:24

17 Ottobre 2016, 10:27

Se non è fortuna, poco ci manca. Perché non capita davvero a tutti, appena eletti alla presidenza dell’Anci (l’associazione nazionale di sindaci), di ritrovarsi le risposte già dal primo consiglio dei ministri. E invece è andata proprio così ad Antonio Decaro, fresco di nomina a presidente dell’Anci nell’assembela nazionale che si è chiusa venerdì scorso a Bari.

Dal palco della Fiera aveva lanciato la richiesta di chiudere alcune partite ancora aperte tra governo e Comuni. Le risposte sono arrivate?
In parte sì. Subito dopo l’approvazione della manovra in Consiglio dei ministri, oggi mi ha chiamato il sottosegretario De Vincenti per dirmi che saranno coperti con 3 miliardi di euro i crediti vantati da Comuni, Province e Regioni. Per quanto riguarda i Comuni, sarà così sanata la vicenda del passaggio dall’Ici all’Imu e quella relative alle spese per l’edilizia giudiziaria. Inoltre, vengono messi 400 milioni sul Fondo pluriennale vincolato. Mi sembra un fatto positivo, considerato che anche quest’anno non subiremo tagli e dunque non saremmo costretti a ridurre servizi. Ma c’è un’altra novità.

Quale?
Il ministro Alfano ha previsto di assegnare 500 euro per ciascun immigrato accolto dai Comuni. Mi sembra un primo passo importante. Come Anci abbiamo chiesto al governo di avviare la «Sprar», ovvero monitorare le quote che toccano a ciascuna Regione e affidare ai Comuni la presa in carico degli immigrati sulla base della popolazione e della disponibilità, invece di affidarsi alle gare tramite le prefetture che rischiano di ingolfare alcuni territori rispetto ad altri. Ovviamente, questo percorso comporta maggior personale e dunque deroghe al blocco del turn-over. E qui cominciano le note dolenti.

E cioé?
Non abbiamo ancora avuto risposte. Renzi ha detto di voler valutare il tema nel 2017, dopo il referendum, ma ci servirebbe come il pane ridurre dal 75 al 25% il blocco del turn-over, pur mantenendo un tetto alla spesa del personale.

I sindaci chiedono, sostanzialmente, autonomia e maggiore flessibilità nella spesa. O no?
Abbiamo problemi ordinamentali e finanziari. Nel primo caso rientrano i piccoli comuni, che dal 31 dicembre hanno l’obbligo di associarsi e, in base ad un’altra proposta di legge, addirittura di fondersi. Abbiamo chiesto che quantomeno vengano previsti degli incentivi in questo passaggio, così come ci è stato garantito dal premier che verrà implementato il fondo di 10 milioni di euro previsto dalla legge Realacci sulla valorizzazione dei piccoli borghi. Abbiamo grandi problemi sulle città metropolitane: sono state assegnate nuove funzioni (programmazione, pianificazione strategica, gestione dei servizi su rete) ma ci sono state tolte le risorse per le vecchie funzioni, quelle delle Province, che le Regioni però stentano ad accollarsi. Il risultato è che continuano a provvedere i sindaci, ma senza avere i fondi e senza poter sforare il Patto di Stabilità, pena ulteriori sanzioni sul blocco del personale.

Renzi, però, già prima di questo Cdm, a Bari, aveva accolto alcune delle vostre richieste o no?
Certo. Ci haassicurato di portare a 2,5 miliardi il fondo 2016-2017 per le periferie: partivamo da 500 milioni di euro e domande per 2 miliardi. Aspettiamo, invece, di sapere se i Comuni possono utilizzare gli avanzi di amministrazione per diventare stazioni appaltanti, in modo da velocizzare le procedure dei cantieri, e soprattutto paghiamo alcuni vincoli burocratici introdotti dal Codice degli appalti. Ma occorrerà anche portare a termine l’Agenda urbana, ovvero un patto tra Stato e Comuni su altri temi, come la lotta alla povertà o l’ambiente, sui quali arranchiamo. Ci consentirebbe, ad esempio, di diffondere modelli come i cantieri di cittadinanza o la social card, ma anche di avviare un piano nazionale di de-amiantizzazione come abbiamo fatto sulla Fibronit.

Quanto all’Anci, una revisione degli assetti come chiedono i grillini?
D’accordissimo. Oggi ci sono vicepresidenti e un direttivo pletorico di 150 sindaci. Intendo allargare a 20 l’ufficio di presidenza per rendere più operativa l’Associazione, coinvolgendo i Cinque Stelle anche negli organismi interni per realizzare quella «trasparenza» che rivendicano.

Loro la accusano di avere troppi incarichi, però.
Non sono poltrone, sono incarichi obbligatori per i sindaci dei capoluoghi, né più né meno di quelli che riguardano la Raggi: ruoli di mera convocazione o rappresentanza senza alcun onere. Anzi, sono l’unico ad aver ceduto la presidenza della Fondazione Petruzzelli, che ho dovuto riprendere solo per gestire l’emergenza del personale.

Molti temono che il suo feeling con Renzi tolga autonomia all’Anci.
Sono stato candidato da anti-renziani e centrodestra e sono risultato il più suffragato nelle consultazioni fatte prima dell’assemblea tra 8mila sindaci. Non a caso, anche i Cinque Stelle hanno deciso di non uscire dall’Anci. Più autonomo di così...

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