POTENZA - Termina, dopo circa 130 giorni, la vicenda che ha riguardato il Centro Olio dell’Eni, a Viggiano (Potenza). Finito sotto i riflettori per l’inchiesta sulle estrazioni petrolifere in Basilicata, l’impianto - dove si "lavoravano» circa 75 mila barili di greggio al giorno - fu infatti parzialmente sequestrato lo scorso 31 marzo su richiesta dei pm della Procura di Potenza, Francesco Basentini e Laura Triassi e, dopo un dissequestro temporaneo disposto a giugno per permettere alcuni lavori di modifica, oggi il gip Tiziana Petrocelli, ne ha disposto il dissequestro definitivo.
Il provvedimento è stato notificato all’Eni che lo sta valutando. All’esame della compagnia anche i tempi per la ripresa dell’attività del centro. Il sequestro - eseguito il 31 marzo dai Carabinieri del Noe - riguardò due vasche all’interno del centro e il pozzo di reinizione «Costa Molina 2», nell’ambito del filone d’inchiesta che riguardava lo smaltimento degli scarti di produzione. La contestazione riguardava infatti la modalità di smaltimento delle acque e dei fanghi che, secondo quanto emerso dalle indagini, dovevano essere smaltiti come rifiuti pericolosi, e che invece venivano trattati come non pericolosi, con un «trattamento non adeguato», quindi - secondo quanto scritto nell’ordinanza relativa a questo «filone" d’inchiesta - che rendeva il tutto «notevolmente più economico».
A giugno l’Eni iniziò alcuni lavori nel centro - la produzione era stata sospesa dalla fine di marzo, con forti incertezze per circa duemila lavoratori diretti e dell’indotto e perdita di milioni di euro in diritti di sfruttamento per la Regione Basilicata - su indicazione dei consulenti nominati dai pm della Procura potentina: nelle scorse settimane gli stessi periti hanno verificato l’idoneità dei lavori, inviando ai magistrati una perizia in base alla quale è stato depositato un parere favorevole della Procura che ha portato, oggi, al dissequestro dell’impianto.
Il parere favorevole di Basentini e Triassi conteneva anche alcune indicazioni alla compagnia petrolifera, che riguardavano principalmente i codici da utilizzare per lo smaltimento delle acque e degli scarti di produzione (i codici Cer 190203 o 190204, per i «miscugli di rifiuti composti esclusivamente da rifiuti non pericolosi» e «miscugli di rifiuti contenenti almeno un rifiuto pericoloso», e il codice 130508, per i prodotti derivati dalla separazione dell’acqua dall’olio).
Complessivamente, l’inchiesta sulle estrazioni petrolifere, riguardava quindi il «filone» del Centro Olio dell’Eni, i lavori di realizzazione del Centro Olio della Total, a Corleto Perticara (Potenza) - poi riuniti in un unico fascicolo, con una richiesta di rinvio a giudizio per 59 persone e dieci società, depositata la scorsa settimana - e un «filone» siciliano, sul progetto della «cricca» capeggiata da Gianluca Gemelli per lo stoccaggio del greggio lucano nell’area del porto di Augusta, trasferito poi a Roma per competenza territoriale su decisione del pg della Cassazione.