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Brexit al 52%, Gran Bretagna fuori dall'Ue
Juncker: Ma l'Europa non finisce

 
Nicola PEPE

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Nicola PEPE

David Cameron, Nigel Farage e Boris Johnson

Da sinistra, il premier dimissionario David Cameron, l'indipendentista Nigel Farage e il conservatore Boris Johnson

Venerdì 24 Giugno 2016, 07:02

25 Giugno 2016, 10:43

LONDRA - Una tempesta perfetta, sul Regno Unito e sull'Europa. L’incertezza regna sovrana e montagne di danaro si vaporizzano sui mercati all’indomani del voto con cui la fortezza britannica ha alzato sulla Manica il ponte levatoio e ha annunciato la separazione dall’Ue in nome del popolo. Sull'isola la bufera investe tutti, salvo la regina. Via il primo ministro, sotto tiro il leader dell’opposizione, in pieno shock la City, in bilico la stessa integrità territoriale del Paese: con Scozia e Irlanda del Nord decise a non seguire la maggioranza inglese nel divorzio da Bruxelles.

A dispetto delle affannate rassicurazioni e degli appelli alla responsabilità che riecheggiano dai palazzi della potere di mezzo mondo, l’effetto immediato è stato quello di un colpo da ko. A Londra, David Cameron, travolto dal referendum che egli stesso aveva convocato per un calcolo kamikaze di politica interna, ha annunciato le dimissioni. Resterà in carica giusto tre mesi, da anatra zoppa, in attesa che il Partito Conservatore si dia un nuovo leader: probabilmente l’ex sindaco Boris Johnson, determinante per la vittoria di ieri dei Leave, un istrione fatto apposta - si direbbe - per intendersi con Donald Trump (in visita in un suo hotel di lusso in Scozia proprio oggi e ben disposto verso quella Brexit che invece la sua rivale Hillary Clinton paventa come un macigno).

E intanto sulle piazze borsistiche del pianeta, dall’Asia alle Americhe, è un inseguirsi di cattive notizie. La sterlina va a picco, Wall Street arretra sulla scia dei listini del vecchio continente, dove Milano sprofonda di oltre 12 punti. Mentre l’indice londinese Ftse limita la perdita a un 2,5%, ma in un clima nervoso e popolato d’incognite. Dalle istituzioni finanziarie le prime indicazioni sono quelle rivolte ai due divorziandi, Ue e Gran Bretagna, affinché collaborino almeno "per assicurare una transizione morbida verso nuove relazioni economiche», come afferma la numero uno del Fmi, Christine Lagarde.

La priorità del momento è fissare una sorta di road map fra Bruxelles e Londra. La reazione di Ue e Parlamento Europeo è a cavallo fra cautela e irritazione. Strasburgo chiede alla Gran Bretagna di avviare subito il suo iter, senza dilazioni, mentre il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, prova a esorcizzare il timore di un effetto domino dicendosi convinto che non si tratti della fine del progetto europeo e che si andrà avanti in 27. Sulla stessa linea la cancelliera Angela Merkel, che pure non nasconde la ferita provocata dal «taglio netto» dei sudditi di Sua Maestà. Un mix di inviti e moniti s'incrocia anche da parte dei leader globali: dal Papa, a Barack Obama, a Vladimir Putin, che a dar retta al ministro degli Esteri britannico, Philip Hammond, uno dei cameroniani investiti dalla sconfitta referendaria, dovrebbe avere da celebrare per lo strappo imposto dagli euroscettici. Dalla Nato, del resto, arriva l’invito a puntare sul legame atlantico con Londra, visto che quello europeo appare ormai compromesso. O quasi.

Dimettendosi, Cameron - che oggi ha avuto colloqui con vari leader fra cui Matteo Renzi - ha assicurato che «la volontà del popolo sarà rispettata». Ma ne ha affidato l’attuazione al successore. Mentre ha escluso che cambi qualcosa per gli europei che già sono in Gran Bretagna: italiani inclusi, ha fatto eco il ministro Paolo Gentiloni, di fronte alle preoccupazioni di centinaia di migliaia di connazionali d’oltre Manica.

Johnson, candidato numero uno a subentrare al numero 10 di Downing Street, ha a sua volta abbassato i toni: rivendicando la vittoria, dopo aver reso l’onore delle armi all’amico-nemico Cameron, ma osservando che la Gran Bretagna «resta parte dell’Europa, una grande potenza europea», sebbene intenda "districarsi» dal legame con Bruxelles. E comunque descrivendo un percorso da completare «senza fretta» e senza ricorrere per ora a quell'articolo 50 del Trattato di Lisbona che l’Ue, per chiarezza, vorrebbe a questo punto veder invece invocato.

A tenere i toni alti provvedono d’altro canto gli euroscettici storici a cominciare da Nigel Farage, leader dell’Ukip, che esalta «la vittoria della gente comune contro le grandi banche, il grande business e i grandi politici». E contagia d’entusiasmo, in giro per il continente, figure come Marine Le Pen o Matteo Salvini. Mentre dal Labour, alle prese con una faida interna contro il leader anti-austerity Jeremy Corbyn, colpito pure lui in qualche modo dalla sconfitta di Remain, torna a farsi sentire la voce - non troppo popolare, ma mediaticamente influente - di Tony Blair: che azzarda addirittura una sorta di congelamento del risultato referendario. Improbabile, in una Gran Bretagna dove oltre 17 milioni di elettori hanno appena detto 'Leavè.

I DATI DEL REFERENDUM - Il Regno Unito spaccato in due dal referendum - ll 'Leave' vince in Galles conquistando 854.572 voti contro le 772.347 preferenze date al 'remain'. In Scozia, nel referendum sulla Brexit, ha vinto il 'Remain' con 1.661.191 voti contro i 1.018.322 andati al 'Leave' a fronte di un'affluenza del 67,2%: Glasgow, la grande città portuale scozzese, vota al 66,6% per Remain, contro il 33,4% di Leave e Edimburgo, vota a favore della permanenza nell'Unione Europea con una percentuale del 74,4% contro il 25,6% di Leave. In Irlanda del Nord, nel referendum sulla Brexit, ha vinto il 'Remain' con 440.437voti contro i 349.442 andati al 'Leave' a fronte di un'affluenza del 62,9%.

Contraria alla Ue la maggioritaria Inghilterra (esclusa quasi tutta Londra) con quasi il 60% di voti pro-Brexit. A Manchester fronte filo-Ue con un 60% di suffragi per Remain. Nella città industriale di Sunderland, sulla costa del nord-est dell'Inghilterra, Leave ha vinto con 82.394 voti (61,3%) contro i 51.930 voti (38,7%) per Remain. ANewcastle, città nel nord-est dell'Inghilterra, il 'Remain' ha vinto, ma di misura: 50,7% contro il 49,3% dei voti per il 'Leave', con uno scarto di appena 2.000 voti in una città in cui hanno votato in 129 mila. Gibilterra ha scelto il Remain con una percentuale del 95,9% e un 4,1% per il Leave. L'affluenza alle urne nel territorio a sud della Spagna è dell'84%. Leave ha vinto anche a Swindon , nella contea del Wiltshire, nel ricco sud-ovest dell'Inghilterra, con una percentuale del 55% contro il 45% di Remain. Oxford non tradisce l'Europa: la celebre città universitaria inglese porta in dote il 70,3% dei suoi voti al fronte di Remain nel referendum britannico sull'Ue contro il 29,7 di Leave. Anche Cambridge, dopo Oxford, vota in favore del fronte filo-Ue di Remain con oltre il 74% dei suffragi. La città di Liverpool, nel nord-ovest dell'Inghilterra che diede i natali ai Beatles, ha votato per il Remain, che ha vinto col 58% dei voti contro il 42% dei Leave.

Il voto a Londra - Il 'Remain' a Londra è al 69% mentre il 'Leave' si ferma al 31%. E la scelta di restare in Europa, ad esempio, prevale nell'aristocratico quartiere diHammersmith & Fulham, dove il 'Remain' trionfa al 70% mentre il 'Leave' si ferma al 30% mentre in due quartieri popolari dell'East End di Londra, Barking e Dagenham, compresi in una stessa circoscrizione, hanno segnato la vittoria al Leave con una proporzione del 62% contro il 38%. A Watford, sobborgo nel nord-est di Londra, il Leave ha vinto per soli 252 voti rispetto ai 23.167 del Remain mentre a Islington, nel collegio blindato del leader del Labour, Jeremy Corbyn, Remain si attesta attorno al 66% dei voti. l voto nel municipio della City of London è per il 75% per il Remain contro il 25% per il Leave. Remain ha vinto con il 78% contro il 22% a Hackney, popoloso quartiere nell'East End

IN FRANCIA ORA FREXIT -«Vittoria della libertà! Come chiedo da anni ora serve lo stesso referendum in Francia e nei Paesi
dell’Ue»: lo scrive la leader del Front National, Marine Le Pen, in un tweet pubblicato nel giorno del Brexit.  «Vittoria»: Marion Le Pen, nipote del fondatore del Front National e nuova star del partito esulta così in un messaggio diffuso via Twitter, seguito subito dopo da un secondo tweet in cui afferma che «Dalla Brexit alla Frexit: è ormai ora di importare la democrazia nel nostro paese. I
francesi devono avere il diritto di scegliere!». 

Se il Front National vincerà le elezioni presidenziali nel 2017, Marine Le Pen intende avviare la procedura per un referendum «Frexit». «Lo chiedo dal 2013 - ha annunciato nel suo quartier generale a Nanterre la presidente del partito - è una consultazione per recuperare le quattro sovranità principali della Francia, territoriale, legislativa, monetaria, economica». La Le Pen ricorda che sono previsti «6 mesi di negoziati con la Ue» prima di tenere il referendum, poi i francesi «potranno scegliere questa strada che restituirà loro la libertà».

L'OLANDA, WILDERS ESULTA: ORA ANCHE QUI REFERENDUM- «Hurrah per i britannici. Ora è il nostro turno. E’ tempo per un referendum olandese»: così il leader degli euroscettici olandesi, Geert Wilders esulta su
Twitter, prefigurando una Nexit dopo la Brexit. 

TRUMP: UNA GRANDE NOTIZIA - «E' una grande notizia» che i britannici si siano «ripresi il loro paese». Lo ha detto il candidato repubblicano alla Casa Bianca Donald Trump, oggi in Scozia per inaugurare il suo 'Trump Turnberry', esclusivo resort e golf club nella località di Ayrshire. 

SINDACO DI LONDRA AGLI EUROPEI: SIETE I BENVENUTI - «Siete i benvenuti qui». Lo ha detto il sindaco di Londra Sadiq Khan al milione di cittadini europei che vivono nella capitale britannica dopo la vittoria del no all’Ue nel referendum sulla Brexit. L’esponente laburista ha anche rassicurato sul fatto che la metropoli continuerà ad essere prospera e aperta agli investitori e al business. 

BLAIR: UN MOMENTO TRISTE - «E' un momento molto triste per il nostro Paese, l’Europa e il mondo». E’ il commento fatto a Sky News dall’ex premier britannico Tony Blair sulla Brexit. Ha invocato ora una «risposta matura» a questo cambiamento storico per il Regno Unito.

JUNCKER: MOLTO DISPIACIUTO. L'EUROPA NON FINISCE - «Sono personalmente molto dispiaciuto per questa decisione, ma la dobbiamo rispettare»: così il presidente della Commissione europea Jean Claude Juncker. «Il processo di incertezza in cui siamo entrati non durerà molto a lungo, bisogna accelerare le cose». E alla domanda se l'esito della brexit sarà l'inizio della fine per l'Europa il commissario ha risposto «No».

PAPA FRANCESCO: È LA VOLONTA' DEL POPOLO - «E' stata la volontà espressa dal popolo. Questo richiede a tutti noi una grande responsabilità per garantire il bene del popolo del Regno Unito e anche il bene e la convivenza di tutto il continente europeo. Questo mi aspetto». Così Papa Francesco, sul volo che lo ha condotto in Armenia, ha risposto ai giornalisti sull'esito della
Brexit. «Ho saputo dell’esito finale qui sull'aereo - ha detto ancora il Papa - perché quando sono uscito da casa ho visto Il Messaggero e ancora non era definitivo».

MOSCA: E' UN AFFARE INTERNO - La Brexit è un «affare interno» della Gran Bretagna. Così il ministro degli Esteri russo Serghei Lavrov ha definito il risultato del referendum. A chi gli chiedeva un commento sulla valutazione del ministero degli Esteri britannico secondo cui l'uscita dalla Ue avrebbe fatto piacere alle autorità russe Lavrov ha risposto «non ho un'istruzione medica quindi non commento i casi medici». 

Dichiarazioni smentite da Vladimir Putin: «Il risultato del referendum in Gran Bretagna  - ha detto - avrà senz'altro conseguenze per il mondo e per la Russia». I risultati del referendum e la sua organizzazione «non sono altro che da imputare all’arroganza e l'approccio superficiale dell’amministrazione britannica verso questioni vitali per il paese e per l’Europa», ha aggiunto Putin. Le conseguenze saranno «sia negative che positive». «I mercati, ovviamente, caleranno, sono già calati, ma risaliranno senza dubbio nel medio periodo; se questo poi porterà a dati col segno più o meno solo la pratica lo dirà», ha concluso.

LAGARDE (FMI): NON CI SARA' RECESSIONE - Una Brexit avrebbe «alcuni effetti» sull'economia americana. Ma «siamo d’accordo con il presidente Yellen» sul fatto che una Brexit non causerà una recessione negli Stati Uniti. Lo afferma il direttore generale del Fmi, Christine Lagarde. Christine Lagarde ha poi ribadito alla luce di un recente studio del Fmi: «un’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea è negativa da un punto di vista economico, riduce i redditi».  «Sollecitiamo con urgenza le autorità britanniche e dell’Ue ad assicurare una transizione morbida verso nuove relazioni economiche tra l’Unione e il Regno Unito, anche chiarendo sulle procedure e sugli obiettivi di base che guideranno questo processo», ha chiuso la nota del Fmi sulla Brexit. 

OBAMA: SERVE STABILITA' NEL MONDO - «Il popolo britannico ha parlato». Così Barack Obama, che auspica che i negoziati che si apriranno tra Regno Unito e Unione europea «assicurino stabilità, sicurezza, prosperità per l’Europa, la Gran Bretagna, l’Irlanda del Nord e per tutto il mondo».

L’esito del referendum sulla Brexit «mette in evidenza ancor di più la necessità di una leadership salda, stabile e di esperienza alla Casa Bianca per proteggere il portafoglio e i mezzi di sostentamento degli americani», ha affermato Hillary Clinton.

MOGHERINI: NECESSARIA PROFONDA RIFLESSIONE - «I tempi duri richiedono più leadership e risolutezza ed anche più unità, l’unità di propositi è la nostra forza ed i nostri cittadini, ma anche il mondo intero, hanno bisogno più che mai di un’Unione europea forte» perché l’Unione «è la migliore opzione» per rispondere alle necessità dei suoi cittadini ma dovrà affrontare una "profonda riflessione». Così l’alto rappresentante e vicepresidente della Commissione europea, Federica Mogherini, in una dichiarazione in cui afferma che la decisione dei cittadini britannici «dispiace molto, ma la rispettiamo» prima di sottolineare che «le sfide che dobbiamo affrontare sono troppo pressanti per poterci permettere incertezze istituzionali». «Il disimpegno non è un’opzione - sottolinea Mogherini - ma non lo è neppure quella di continuare come se nulla fosse».

«La nostra Unione - aggiunge l'alto rappresentante - è il modo migliore per rispondere alle necessità e alle aspirazioni dei nostri cittadini e questo richiede una profonda riflessione su come farlo effettivamente». Mogherini quindi assicura che la Ue «andrà avanti sulla base dei valori e degli interessi comuni e continuerà a lavorare per la sicurezza ed il benessere dei nostri cittadini».

«L'Unione europea - conclude Mogherini - è e continuerà ad essere un attore forte ed un partner affidabile per i nostri amici nel mondo. Continueremo ad agire come forza di pace, fornitore di sicurezza e convinto sostenitore della cooperazione internazionale e del multilateralismo».

BERLUSCONI: RIFONDARE L'UE, CHIEDO CONGRESSO PPE - «Occorre dare una risposta immediata e straordinaria da parte di chi l’Europa l’ha pensata e voluta. E' urgente ricostruire l’Europa come comunità politica basata su valori condivisi, prima che economica o burocratica, vissuta dagli europei come la loro patria e non più come un’imposizione o una fastidiosa necessità». Lo dice in una nota Silvio Berlusconi che annuncia la richiesta al Ppe di «un congresso straordinario per lanciare un manifesto di rifondazione dell’Unione Europea».

«La decisione del popolo britannico - afferma Berlusconi - conferma le ragioni del grido d’allarme che per primi avevamo lanciato fin dal 2011, nell’incomprensione generale, sul progressivo distacco fra questa Unione Europea e le ragioni, gli interessi, le passioni dei popoli che la compongono. Come abbiamo denunciato tante volte, da quella drammatica estate fino ad oggi, l’Europa non è riuscita ad essere quello che doveva e poteva essere. Il più bel sogno della nostra generazione sta fallendo sotto i nostri occhi».
«Occorre dare una risposta immediata e straordinaria - prosegue il leader di FI - da parte di chi l’Europa l’ha pensata e voluta. E’ urgente ricostruire l’Europa come comunità politica basata su valori condivisi, prima che economica o burocratica, vissuta dagli europei come la loro patria e non più come un’imposizione o una fastidiosa necessità. Ed occorre farlo rivedendo al più presto i trattati europei laddove essi si sono dimostrati inefficaci o dannosi».

«Proporrò quindi al PPE un congresso straordinario - si legge ancora nella nota - per lanciare un manifesto di rifondazione dell’Unione Europea, fondata su un metodo nuovo, che parta dal basso, dalla condivisione, dalla partecipazione, dalla sussidiarietà». «Un’Europa come sarebbe piaciuta a Adenauer, a Schuman e a De Gasperi - conclude - spazio di libertà, di valori condivisi, di forti radici comuni, con una comune politica estera e di difesa».

MATTARELLA: RISPETTIAMO ESITO CON RAMMARICO -  E’ significativo che questo incontro a Lubiana tra Paesi appartenenti all’Unione Europea avvenga dopo aver conosciuto l’esito del referendum britannico. Esito che rispettiamo anche se è motivo di rammarico. Lo ha affermato il presidente della Repubblica Sergio Mattarella parlando a Lubjana.

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