BARI - La Procura generale presso la Corte di Appello di Bari ha presentato ricorso per Cassazione contro la sentenza di secondo grado che nel settembre 2015 ha assolto l'ex ministro Raffaele Fitto (condannato in primo grado a 4 anni di reclusione) e l’imprenditore romano Giampaolo Angelucci dall’accusa di corruzione. Il reato è comunque già prescritto.
I fatti risalgono agli anni 2004-2005, quando Fitto era presidente della Regione Puglia, e riguardano il finanziamento di 500mila euro al movimento politico 'La Puglia Prima di Tuttò da parte di Angelucci. Nella sentenza di assoluzione la Corte di Appello aveva definito una «illazione» le accuse. Secondo la Procura generale, invece, c'è «correlazione» e «sostanziale contestualità cronologica tra l’azione di Fitto (con riferimento all’appalto da 198 milioni di euro per la gestione delle Rsa, ndr) e il pagamento delle diverse trance dell’importo complessivo di 500mila euro».
Quel finanziamento, cioè, risalente al 2005, sarebbe stato la conseguenza di un accordo corruttivo risalente ad un anno prima, quando cioè fu bandita la gara per le Rsa. La Procura Generale ha impugnato la sentenza anche con riferimento ad altri capi d’imputazione di truffa, peculato e abuso d’ufficio contestati a vario titolo a Fitto e ad altri nove imputati e dieci società.
