ALBERTO SELVAGGI
«Noi ne abbiamo visto cose che voi umani non potreste immaginarvi» (Blade Runner). Noi, che infiliamo il catetere come voi giovani il cavetto del videofonino. Eh, sì sì… Eh, sì sì sì… Campavamo in un mondo che procedeva su proiezioni non progressiste, assolutamente sudiste. E che ci rendeva felici.
In Terra di Bari razzolavano delinquentoni che non avremmo più incontrato nei tempi appiattiti delle griffe. Indossavano, fierissimi, camicie orrende annodate sull’ombelico, luccicavano di catenazze d’oro, smeraldi da vomito e grocifissi dagli occhi rubini, reggendo l’autoradio con il mignolo. Gli inguini strizzati in pantaloni a vita alta, sì che potevi contarne anche i peli. Basettoni inumani, capigliature unte quali prato raso in cima e criniera di lione dietro; ònghiere (unghie) lunate di sivo. E tu guardavi tal monumento al cozzalesimo dicendo: grazie, Dio, per avermi fatto vedere tutto questo.
Eri triste, là sul balcone, di notte fissavi la strada illuminata come da un peto acceso con lo Zippo. Ed ecco sbucare dal niente, solitario un topino tutto contento. Guida una Fiat 500 bianca, scassinata con la chiavetta della Simmenthal. Sgasa in un carosello su se stesso, poscia si schianta volutamente contro una saracinesca, balza giù dall’auto, batte le mani gioendo per l’impresa e va via con t-shirt a cintura Gibaud e pantalone culiforme scampanato, su passetti elastici, topinescamente.
Noi abbiamo visto cose che voi ragazzi non potete sognare nemmeno: fessi. Passavano, ai tempi della libertà, di quella libertà che man mano perdete, stormi di toperos (topini minorenni) sui Vespini, ingobbiti e con la gamba divaricata sul pianale da un lato, impennando e modulando i tarzanici versi «èa, uèa, nghèa» (più cadenze), che noi tutti imitavamo con magno divertimento, pure in classe davanti alla psoressa. Si ammenavano a tutto gas soppra al marciappiede, scippavano, menavano manoleste ai sederi delle femmine (oggi si è passati ai maschietti), «uè la biònde!» «psss-psss... psssòla?», e nessuno ci diceva niente.
Se stavi nel biggliardo (covi di ricettazione) e udivi il grido: «Attenziòun, stà ad arrìv’ Pierin… (omissis)» venivi sbatacchiato sui tavoli dai bravi del ceffo, così, per divertimento: ma poi, plin-plin (sarebbero le palle colpite), si riprendeva. I delinquenti rivaleggiavano sfracanandosi sul cofano di un’auto o su una portiera. Se camminavi col Supersantos in mano il topone in erba ti menava in testa al passo la cassetta in polistirolo compresso: «Ou, damm’ u pallòn».
Volavano tuzzi a destra e a sinistra. I bimbetti barbarici seviziavano i gattini, aprivano le auto con gomitate sul deflettore, e se sorpresi e scaraventati via come rotelle sbulinate dal proprietario imbufalito, rimbalzavano rimettendosi in piedi come cuccioli di Terminator.
La pancia di Bari, e non questa falsa democrazia di fichetti, dominava l’immaginario e lo stile. Da Bari Vecchia, da ‘o Cep partivano alla volta delle ‘scoteche ballerini acrobatici che in passetti ultrasonici e in trappanesimo si facevano a brodo John Travolta e compagnia bella. E vedevi la biondastra zagnesca che s’alzava e si risiedeva passando dalla pista al divanetto: «Sono stanga e voglio ballare, sono stanga e voglio ballare», episodio che avresti riferito ovunque per 12 anni almeno.
Da cui, giovanetto ignaro che guardi Youporn come noi Carosello: vuoi mettere i noiosi Zelig e Colorado, o uno Zalone, o Crozza perfino, o Maccio Capatonda prima maniera con tutto questo? Scherzi? Immagina che – altro esempio – sotto casa tua pasca la comitiva dei «Cinque Anelli», che soprannomini tosto «Cinque Anellidi». Passi giornate intere a spiarli ridendo. Indicono la gara del «pomiciamento». Battono le mani a ritmo in cerchio scandendo l’esortativo «uè!, uè!», mentre al centro la prima coppietta slingua mostruosamente, e poi la seconda, con lei bassissima che s’inarca nell’abbraccio inguinale polpesco. Finché da un terrazzo ammenano un gavettone gigantesco con busta nera dell’immondizia: bu-bubùm! E il pomiciante maschio, bagnato e disarticolato, espettora al cielo: «Où, ci ha stat’ ha stat’: ci è maschi’ è recchiàun, ci è fèmmene, putten’!».
Noi abbiamo visto cose che non immaginate nemmeno. Cose che nella tomba, ancora, ci racconteremo. Mentre voi, due metri sopra, ci calpesterete facendo la raccolta differenziata, comprando un biologico che è inesistente, e mangiandolo in ambienti salubri di onde elettromagnetiche che non sono altro se non il vostro encefalogramma appiattito trecento metri sotto il cielo.
quadretti selvaggi