ROMA - Il diritto di critica dei provvedimenti giudiziari e dei comportamenti dei magistrati «deve essere riconosciuto nel modo più ampio possibile» perchè la critica «è l'unico reale ed efficace strumento di controllo democratico dell'esercizio di una rilevante attività istituzionale che viene esercitata in nome del popolo italiano da persone che, a garanzia della fondamentale libertà della decisione, godono giustamente di ampia autonomia ed indipendenza». Lo sottolinea la Cassazione, rigettando il ricorso presentato da Mario Blandini, procuratore generale della Corte d'appello di Milano, contro una sentenza del gip di Roma che aveva dichiarato il non luogo a procedere «perchè il fatto non costituisce reato per esercizio del diritto di critica» nei confronti del giornalista de La Repubblica Giuseppe D'Avanzo e del direttore responsabile del quotidiano Ezio Mauro. Il cronista, in particolare, era accusato del reato di diffamazione per aver criticato «con toni assai aspri», ritenuti offensivi dal magistrato, la decisione della pubblica accusa di patteggiare in appello la pena per Ruggero Junker, imputato dell'omicidio volontario della fidanzata, condannato così in secondo grado a 16 anni di carcere, a fronte dei 30 anni inflittagli in primo grado.
Il procuratore generale di Milano aveva dunque proposto ricorso per Cassazione contro la decisione del giudice per le indagini preliminari, rilevando che «dalla critica alla scelta processuale, certamente legittima, il giornalista era passato ad un attacco personale del tutto gratuito ed inutile», definendo nel suo articolo «lunatica e fantasiosa» la cultura giuridica di Blandini, nonchè parlando di «subalternità psicologica» del magistrato nei confronti di una famiglia influente ed importante e del processo che, a suo parere, nelle mani del procuratore «diveniva 'arte da basso intrigo'».
Per la Suprema Corte (quinta sezione penale, sentenza n.34432), la decisione del gip deve invece essere confermata: «forte è infatti l'attenzione della pubblica opinione su gravi fatti di cronaca e sugli esiti giudiziari degli stessi - scrivono gli Ermellini - ed è giusto che sia così perchè la discussione su episodi che hanno fortemente colpito la sensibilità dei cittadini contribuisce alla formazione di un profondo e condiviso senso di giustizia». Inoltre, «è fuori contestazione - aggiungono i giudici di piazza Cavour - che la critica giudiziaria possa essere contrassegnata da espressioni forti, aspre, pungenti ed anche suggestive, spesso necessarie per richiamare la necessaria attenzione dei lettori, che, bombardati da numerose notizie, debbono poter individuare prontamente quelle più significative».
Sabato 15 Settembre 2007, 00:00
06 Novembre 2024, 18:07