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Ma quanti assenteisti nella raffineria di Taranto

 
Ma quanti assenteisti nella raffineria di Taranto

Lunedì 01 Novembre 2010, 17:46

02 Febbraio 2016, 22:29

di FULVIO COLUCCI 

Allarme assenteismo all'Eni. Le punte di lavoratori che «disertano» arriverebbero al 10 per cento. In un'azienda con 450 dipendenti, come la raffineria di Taranto, il dato risulterebbe insostenibile. In media 45 lavoratori mancherebbero all'appello ogni giorno o quasi. Non si tratta di illazioni giornalistiche o di indiscrezioni «rubate » da qualche cassetto. È l'amministratore delegato dell’Eni, Paolo Scaroni, a dirsi preoccupato citando i numeri delle raffinerie del Sud e confrontandoli con quelli degli impianti al Nord e all'estero (Sannazzaro de' Burgundi, in provincia di Pavia, registra un tasso di assenteismo dimezzato, al 5 per cento. In Germania e Repubblica Ceca i numeri scendono al 2 per cento). Il Gruppo petrolifero promette più impegno nel contrastare il fenomeno, ma le verifiche sui certificati e le visite fiscali potrebbero non bastare se non si scardina, fa intendendere l'amministratore delegato, un sistema intriso, a suo giudizio, di «connivenza nei controlli». 

Scaroni, nelle dichiarazioni apparse già sulla stampa nazionale, gioca di sponda con l'amministratore delegato della Fiat, Sergio Marchionne, e con le parole rivolte da quest'ultimo ai giovani di Confindustria. Marchionne si è scagliato contro l'assenteismo in fabbrica, Scaroni condivide il pensiero. Gli unici due distinguo sono sull'importanza della manodopera, che in una fabbrica di auto incide in maniera diversa e più pressante rispetto alle raffinerie e sulla «italianità », che per l'amministratore delegato Eni resta un valore. Precisazione rilevante visto il momento delicato vissuto a Taranto. L'azienda è sotto pressione per il ricorso al Tar della Regione e del Comune contro la costruzione della centrale Enipower. 

I timori di una delocalizzazione della raffineria, se la modernizzazione e il potenziamento degli impianti non trovassero compimento, appartengono, per adesso, alla categoria dei sussurri e circolano per forza inerziale smentiti con puntiglio e puntualità. Ma tra sussurri e grida - potenti grida mosse da contingenze la cui spinta tende sempre a trasformare la realtà - il passo potrebbe rivelarsi assai breve. Il dieci per cento attesta un assenteismo oltre il fisiologico livello di guardia nello stabilimento Eni di Taranto. Il management locale è preoccupato anche se il picco, in realtà, sarebbe qualche punto sotto (tra il sei e il sette per cento). 

I sindacati, invece, non sono convinti si possa parlare di vero e proprio problema, ridimensionandone la portata. Bocche cucite da parte dei rappresentanti dei lavoratori, perplessi per la sortita dell'amministratore delegato Eni. A sbilanciarsi è il delegato Uilm per le aziende dell'appalto, Giovanni Pugliese: «Metalmeccanici e edili non raggiungono quei numeri. Ci piacerebbe capire meglio il dato, la sua origine. Un'azienda con 450 lavoratori si bloccherebbe se l'assenteismo arrivasse a simili cifre. Tra i metalmeccanici delle aziende che lavorano all'Eni posso parlare di assenze, in media, intorno al 4 per cento». È ipotizzabile che la prossima settimana le rappresentanze sindacali consultino le segreterie nazionali per mettere a punto una strategia comune. Si oscilla, non senza un pizzico di contraddizione, tra l'ammettere l'esistenza di un «problema» e la difesa dei lavoratori. 

A giudizio dei sindacati, la percentuale di assenteisti sarebbe di molto inferiore; addirittura dimezzata. Forti sono i timori che, a Taranto, la polemica incida sul già delicato quadro dei rapporti fra Eni e territorio. Resta però la denuncia di Scaroni sulla «connivenza nel sistema dei controlli» che rompe certi schemi e pone un drammatico spunto di riflessione. L'Eni, a Taranto, ha raggiunto un accordo con l'Asl per avere a disposizione un numero di medici sufficienti da destinare alle visite fiscali il sabato e la domenica. Verosimile pensare che ora l'azienda rilanci il confronto con l'Inps sulle strategie da mettere in campo, alla luce della promessa fatta dall'amministratore delegato circa un rinnovato impegno nel contrastare il fenomeno assenteismo. Facile individuare una discordanza tra certificati o un lavoratore a passeggio nella cosiddetta «fascia di reperibilità». 

Più difficile lavorare sul fronte della «qualità»: il confronto fra le diagnosi del medico curante e del medico fiscale, per esempio. All'Inps penderebbero molti ricorsi a proposito. Se rigore e rispetto delle regole portano i medici fiscali a dimezzare, è un esempio, diagnosi di guarigione di 20 giorni, appare chiara la complessità dell'ultima frontiera nella lotta all'assenteismo. E la sua rilevanza in termini di competitività, ma anche di legalità e di etica civile e sociale.
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