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«In Puglia la mafia è sempre più 3.0», la parola a Vallone, direttore della Dia

 
Giovanni Longo

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Giovanni Longo

«In Puglia la mafia è sempre più 3.0», la parola a Vallone, direttore della Dia

«Solo nel Foggiano si continua a sparare per intimorire Stato e forze dell’ordine. Nella Bat c’è molta effervescenza»

Mercoledì 23 Febbraio 2022, 13:35

Direttore Maurizio Vallone, la Dia compie 30 anni. L’intuizione e la visione di uomini come Giovanni Falcone sono ancora attuali?

«Riunire competenze diverse, dal controllo del territorio alla specificità nel contrasto a determinati reati rappresenta un valore aggiunto. Un percorso integrato con l’inserimento al fianco di polizia, carabinieri e guardia di finanza, anche della polizia penitenziaria che consente di monitorare uno spaccato importante».

A proposito, qual è la situazione dentro le carceri?

«È fondamentale monitorare le carceri dove negli ultimi dieci anni si sono consolidati rapporti delle mafie italiane con quelle straniere, in particolare albanese. Qui si fanno nuove conoscenze, si rinsaldano vecchi rapporti, si studiano nuove rotte dei traffici illeciti, si elaborano strategie».

In Puglia, in principio fu soprattutto il contrabbando di sigarette. Da allora la mafia come è cambiata?

«Le mafie pugliesi sono un laboratorio. Nate come derivazioni della camorra e della ‘ndrangheta, pensate per fornire basi logistiche per il trasporto di sigarette dall’Adriatico, si sono evolute puntando al controllo del territorio. Oggi sono 3.0 con alleanze importanti sul fronte del traffico di droga e molto attive nel reimpiego dei capitali illeciti».

Dopo Bari e Lecce, la Dia ha una sede anche a Foggia. Come si combatte una criminalità così pericolosa e troppo a lungo sottovalutata?
«La situazione di Foggia e del Gargano è un unicum nel panorama nazionale: solo qui si continua a sparare per intimorire lo Stato e forze dell’ordine. Una strategia perdente perché ad ogni azione corrisponde una reazione dello Stato che scompagina le organizzazioni criminali. Al momento si registra una frammentazione dei clan. La risposta consiste nel controllo del territorio e nel predisporre attività di intelligence. Ci vuole tempo, ma la strada è giusta».

Anche nella Bat, un tempo relativamente tranquilla la situazione è in fibrillazione. Cosa succede?

«C’è molta effervescenza, ma lo Stato sta lavorando bene. Questura e comandi provinciali di carabinieri e guardia di finanza sono operativi. Il territorio storicamente non è mai stato immune alla criminalità, ma mentre prima subiva le influenze dai territori limitrofi, Bari e Foggia, adesso è certamente più autonoma. Guardia alta su fenomeni come rapine ai tir, usura ed estorsioni».

Cooperazione. Anni fa era impensabile che un agente della Dia arrestasse narcotrafficanti a Tirana...

«L’Albania ha fatto passi da gigante con l’istituzione dell’ufficio del Procuratore anticorruzione e dell’Fbi albanese. Come Dia stiamo seguendo la formazione dei colleghi albanesi. Fondamentale nelle attività comuni è il coordinamento di Eurojust. I risultati non mancano come dimostrano le operazioni condotte dalle quattro squadre investigative comuni. Il modo in cui si lavora con la Procura distrettuale di Bari e le autorità albanesi rappresenta il simbolo di come la cooperazione internazionale possa funzionare benissimo nel contrasto a mafie sempre più transnazionali».

Come sono cambiati i rapporti tra i clan pugliesi e quelli albanesi?

«La parola chiave è anche per loro collaborazione. Se la ‘ndrangheta ha in Europa il monopolio del traffico di cocaina dal Sud America, la mafia albanese è la principale sub agenzia. Agisce come un broker di cui la criminalità pugliese è cliente. Il circuito consente di tutelare al meglio i propri interessi. Per questo non ci sono guerre, inutili e dannose».

Ma per riciclare c’è bisogno di competenze specifiche. Come cambiano le tecniche d’indagine per fare luce sulla “zona grigia”?

«Ormai i mafiosi di seconda generazione mandano i propri figli a studiare all’estero nelle università più prestigiose. Al loro rientro, da smartphone e tablet sono in grado di far girare molti soldi. Nell’ultima relazione semestrale consegnata al Parlamento c’è un intero capitolo sul riciclaggio di capitali con nuove tecnologie».

La criminalità è sempre più economica. Qual è il settore in cui la mafia sta diversificando in Puglia i suoi interessi?

«Potrebbe provare a insinuarsi in settori come l’enogastronomia e il turismo. Nei giorni scorsi abbiamo firmato un protocollo con Confindustria alberghi per il monitoraggio delle aziende che passano di mano. Strutture ricettive in difficoltà economica potrebbero cedere quote o l’intera azienda alla criminalità».

In che modo la criminalità affila le armi per intercettare la valanga di soldi pubblici del Pnrr?

«Pensiamo alle infrastrutture. Anche lavori come l’alta velocità Bari-Napoli e la dorsale adriatica potrebbero solleticare appetiti. Le recenti misure adottate per rafforzare il ruolo di prefetture e forze dell’ordine sul fronte delle interdittive antimafia, più veloci ma pensate in modo da non dovere bloccare eventuali lavori vanno nella direzione giusta».

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