A Melendugno gli ulivi sono tornati al loro posto. Anche i muretti a secco sono stati ricostruiti. Sepolto sotto quelle zolle, il «tubo» Trans Adriatic Pipeline-Tap porta all’Italia l’«altro» gas, quello che sfugge alle logiche del conflitto Russia-Ucraina, alle incognite sulla continuità dell’approvvigionamento, alle (prevedibili) sanzioni. Il piccolo paracadute energetico, che fluisce in Puglia dal Mar Caspio e dall’Azerbaigian, vale il 10% del fabbisogno di famiglie e imprese italiane. È strategico. Vitale. Lo sanno tutti. Anche i NoTap irriducibili. E del resto, il tempo, la griglia di controlli ambientali e il buon lavoro di ripristino dello stato dei luoghi, stanno stemperando gli animi delle comunità. Resta sospesa soltanto una questione: i territori non hanno ricevuto i 50 milioni di euro promessi da Tap a Snam.
«I milioni di euro per la Puglia ci sono e siamo pronti al dialogo, ma non sono “ristori”, quelli li abbiamo già dati», rassicura oggi Luca Schieppati. L’ingegnere nucleare prestato al gas (una vita in Snam), sa meglio di chiunque altro come stanno le cose. È managing director e country manager Italia di Tap, dal 27 giugno del 2017. Fu con lui che, pochi mesi dopo, l’8 novembre 2017, sul tavolo infuocato dei NoTap arrivò la proposta che sparigliò le carte tra i 94 sindaci salentini (su un totale di 97, solo 3 non sottoscrissero la lettera al Presidente Sergio Mattarella per chiedere di fermare i lavori): Tap e Snam, a fronte della realizzazione del gasdotto, non offrivano più 14 bensì 55 milioni di euro. Teresa Bellanova, all’epoca viceministra allo Sviluppo economico, definì la mossa un modo per compensare il territorio ospite di una infrastruttura strategica. Ma la trattativa partì in salita. Il primo «niet» arrivò dal presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano. Sulla stessa linea il neo-riconfermato sindaco di Melendugno, Marco Potì.
Trentasette sindaci (tra i quali Mario Accoto del Psi e Giuseppe Taurino del Pd), tentano il dialogo, ma l’imbastito si sfilaccia. Lo zoccolo duro del no si ancora al «non ci faremo comprare». Poi ricorsi, controricorsi, il Tar. La Politica si strappa, si lacera.
Il primo giugno 2018 termina il governo Gentiloni, arriva il Conte I. Toccherà proprio al pugliese Giuseppe Conte spiegare che Tap non può essere bloccato: opporsi significherebbe sostenere «costi insostenibili».
Il 5 settembre 2019 nasce il Conte II. Anche la Puglia vota il 20 e 21 settembre 2020. Il governatore di centrosinistra Michele Emiliano batte Raffaele Fitto (centrodestra), Antonella Laricchia (M5S), Ivan Scalfarotto (Italia Viva).
I preparativi per il gasdotto procedono mentre il dialogo sui 55 milioni... svapora.
Nell’ottobre del 2020, il consigliere regionale del Pd, Fabiano Amati, prospetta la possibilità che quei fondi vadano «sprecati». A fine anno il Tap è pronto. L’avvio delle operazioni commerciali per la distribuzione del metano data 15 novembre 2020. Il 31 dicembre il gas attraversa l’opera da 4 miliardi di euro e raggiunge la rete italiana, attraverso il punto di allaccio di Mesagne, in provincia di Brindisi.
Il Conte II tramonta, il 13 febbraio 2021 inizia il governo di Mario Draghi. Ma la faccenda dei milioni per la Puglia è ancora in sospeso. «I 55 milioni erano stati concordati con la Presidenza del Consiglio, il Mise e i rappresentanti delle istituzioni – tuona ora Bellanova su RadioLeopolda – Risorse che dovevano essere usate per fare piste ciclabili, per intervenire sul dissesto della costa, per realizzare formazione per i ragazzi e le ragazze impegnati nel turismo, sono stati lasciati nelle tasche di Snam e Tap». È di lunedì anche la richiesta di audizione in I commissione del consigliere regionale Paolo Pagliaro (capogruppo de La Puglia Domani): «Tutto tace sui ristori promessi dalle multinazionali a riparazione del danno paesaggistico inferto con questa colossale infrastruttura, che solca ben 63 chilometri del territorio salentino tra le province di Lecce e Brindisi. Erano stati promessi – afferma - 50 milioni, la questione è stata portata in discussione in due audizioni in Commissione Bilancio, che si sono tenute a giugno e luglio scorsi in Consiglio regionale su mia richiesta. L’ingegner Luca Schieppati, general manager Tap, affermò che erano pronti 25 milioni di investimenti per opere importanti; allo stesso modo l’ingegner Massimo Montecchiari di Snam si disse pronto a pareggiare la cifra di Tap, dunque altri 25 milioni, per un totale di 50 milioni. Ma poi tutto si è arenato». Pagliaro chiede che «sia la Regione Puglia a farsi carico dell’avvio del negoziato, per uscire dalle sabbie mobili» e che Emiliano «avvii un tavolo tecnico regionale».
«Noi - dice Schieppati - abbiamo fatto investimenti sociali e ambientali di oltre 3 milioni di euro. Investimenti volontari. E abbiamo dato ristori ai pescatori di San Foca e a chi, durante i lavori, non ha avuto l’utilizzo dei terreni. Quindi, questi 25 milioni non sono ristori. Quella somma è, concettualmente, disponibile a essere investita. Ma abbiamo bisogno di una logica di rasserenamento del clima. Abbiamo bisogno che la politica valuti il contributo che quest’opera ha garantito in termini di sostenibilità, di assoluto non impatto, e ci veda come qualcosa di positivo e integrato nel territorio. Quindi, ove ci vengano proposte iniziative che siano coerenti con questa visione di investimenti sociali e ambientali siamo disponibili a valutarle».

La società: «Disponibili al dialogo per investimenti sociali e ambientali»
Mercoledì 23 Febbraio 2022, 10:10
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