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Al via il concorsone delle polemiche: solo ieri 1.645 candidati per docenze di ruolo

 
Redazione online

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Al via il concorsone delle polemiche:  solo ieri 1.645 candidati per docenze di ruolo

Sono 32mila i posti messi a bando, ma i partecipanti totali sono oltre 64mila e le prove sono previste fino al 16 novembre

Venerdì 23 Ottobre 2020, 09:16

ROMA - Si sono presentati puntuali alle 8 nelle sedi che erano state loro indicate, da nord a sud Italia, i 1.645 candidati al concorso straordinario per diventare docenti di ruolo. «È l’occasione della vita», hanno detto più d’uno trepidanti a chi chiedeva loro come si sentissero mentre entravano. Si tratta infatti di docenti che lavorano almeno da 3 anni nelle scuole; alcuni sono precari da diversi anni.

Sono 32mila i posti messi a bando, ma i partecipanti totali sono oltre 64mila e le prove sono previste fino al 16 novembre. Proprio i rischi connessi allo svolgimento delle prove in un momento in cui il contagio è molto forte, hanno messo questo concorso al centro di fortissime polemiche. Infatti per il sistema delle aggregazioni territoriali si registrano casi limite di candidati che dalla Campania, la Basilicata, la Calabria, la Puglia e addirittura il Molise dovranno recarsi in Sicilia a Gela, a Caltanissetta ma anche in piccole cittadine come Mussumeli, San Cataldo o Mazzarino. Persone che dovranno organizzarsi con aerei, auto a noleggio e lunghi viaggi. Alcune stime dicono che un quinto dei candidati dovranno affrontare la prova fuori regione. «Anziché attaccare la Lombardia e straparlare ancora di banchi con le rotelle, il ministro Azzolina si preoccupi di cancellare il folle concorso nazionale che obbliga 60mila insegnanti a girare per l’Italia nonostante il Covid», è tornato ad attaccare il leader della Lega, Matteo Salvini. Ma richieste di sospensione del concorso e di prevedere prove suppletive sono arrivate in questi giorni anche dal Pd, da LeU e dai maggiori sindacati della scuola. Il ministero dell’Istruzione comunque tira dritto.

Mentre è scontro sulla didattica a distanza in Lombardia per le scuole superiori, che scatterà da lunedì secondo l’ultima ordinanza regionale, con l’obiettivo di alleggerire il trasporto pubblico locale vista la situazione sanitaria. A opporsi al provvedimento e a chiedere un passo indietro al governatore lombardo, Attilio Fontana, sono stati i sindaci lombardi, in primis quello di Milano, Giuseppe Sala, che chiede di non chiudere adesso le scuole ma anche la ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, che ha inviato una lettera al presidente della Lombardia.

Nella lettera con cui ha replicato, Fontana ha però ribadito alla ministra dell’Istruzione che «sono necessarie decisioni stringenti» considerati i dati dell’epidemia in Lombardia e la situazione del trasporto pubblico locale, «fermo restando che se il ministro reputa eccessivi e non idonei i nostri provvedimenti può impugnarli», ha precisato. A chiedere a gran voce che le scuole rimangano aperte sono i sindaci lombardi, tra cui quello di Milano, Giuseppe Sala. «Come sindaci siamo totalmente contrari e ci opporremo» ha spiegato. Secondo Sala poi della didattica a distanza per le superiori «non si era discusso» e chiudere le scuole adesso «sarebbe una sconfitta».

A fare da mediatore è il ministro per gli Affari regionali, Francesco Boccia, in contatto con Fontana, Azzolina e Sala: sulle scuole lombarde serve «buonsenso e collaborazione» secondo Boccia, secondo cui c’è «la disponibilità del governo nell’essere al fianco della Regione Lombardia per ogni ulteriore esigenza che allenti le pressioni dei contagi sul sistema sanitario territoriale».

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