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ARMANDO FIZZAROTTI
01 Luglio 2020
Brusca impennata del programma F-35, il cacciabombardiere “stealth” (invisibile ai radar) in corso di acquisizione per Aeronautica e Marina militare, pochi giorni prima della pubblicazione – sulla “Gazzetta” - della notizia del maxi appalto aggiudicato alla ditta Matarrese di Bari per costruire il nuovo “nido” dedicato a questi jet di ultima generazione, a Ghedi (Brescia), dove sostituiranno i vecchi Tornado nei Gruppi volo, con capacità di armamento nucleare. Capacità dettata dal patto con la Nato di fornire velivoli in grado di caricare e sganciare le B-61, le bombe atomiche (forse 40) presenti nella base aerea italiana in un deposito sotto il controllo esclusivo dell’Usaf, l’Aviazione militare statunitense.
Ordine da 368 milioni di dollari. Mentre il Pentagono pochi giorni fa ha confermato il programma di sviluppo del F-35 “nucleare” diffondendo le foto dei primi test balistici effettuati con B-61 inerti sganciate da F-35 americani in California, a inizio giugno il Governo italiano ha acquistato altri sei F-35 dalla Lockheed Martin con un ordine da 368 milioni di dollari. Un impegno di spesa confermato nonostante l’opposizione di esponenti del M5S (50 senatori) che intendevano sospendere il programma di acquisti per stornare fondi pubblici a favore dell’emergenza Coronavirus. Nessuno stop, ha deciso il ministro della Difesa Lorenzo Guerini, con l’appoggio compatto di Pd e Italia Viva.
La contesa Aeronautica - Marina. Dei 6 nuovi F-35, 5 sono a decollo e atterraggio convenzionale (versione A) e un ultimo a decollo e atterraggio corto o verticale (versione B). Si prevede che la consegna si concluda entro giugno 2023. Al momento le nostre forze armate dispongono di 15 F-35, 12 “A” e 3 “B“, ed è in corso la contesa per l’assegnazione dei velivoli “B” fra Aeronautica e Marina militare.
L’Arma Azzurra al momento ha equipaggiato con gli F-35 solo il 32° Stormo di Amendola, la base aerea alle porte di Foggia, che in queste settimane sta assicurando il “turno di guardia” della Nato sullo spazio aereo dell’Islanda, con base a Keflavik.
Ma un altro aeroporto, Grottaglie, e la portaerei “Cavour”, reduce nei giorni scorsi da importanti lavori di riammodernamento nella base navale di Taranto, aspettano gli F-35B della Marina militare, per mandare definitivamente in pensione gli Av-8 Harrier. La “Cavour”, ammiraglia della flotta italiana, in questi giorni è impiegata in esercitazioni con il resto della flotta, ma nel secondo semestre di quest’anno dovrà attraversare l’Atlantico per raggiungere, negli Stati Uniti, la qualificazione tecnico-militare per poter imbarcare e far decollare e appontare i “suoi” F-35B e quelli delle forze alleate.
Il rilancio del programma a livello nazionale prevede anche la ripresa delle attività di assemblaggio nelle officine della base aerea di Cameri (in provincia di Novara), gestite dalla “Leonardo”, l’industria per l’aerospazio e la sicurezza “costola” di Finmeccanica.
L’asse Bari – Brescia. Torniamo ora all’asse Bari – Brescia. Salvo imprevisti, i cantieri della “Matarrese” di Bari, di cui è direttore tecnico l’ing. Salvatore Matarrese, dovrebbero iniziare i lavori a Ghedi il 10 settembre prossimo.
Ma la strada per gli F-35 “nucleari” è tutt’altro che in discesa, sia sotto il profilo dei costi, in costante incremento, sia dal punto di vista tecnico. Per utilizzare le nuove B61 (B61/12) i nuovi F-35 (gli esemplari che stanno per uscire dalle linee di produzione appartengono al “blocco 4”) dovranno essere sottoposti ad importanti aggiornamenti tecnologici (tra software e altro) che al momento hanno fatto prevedere un incremento di costi pari a un miliardo e mezzo di dollari in un solo anno. E sempre il lotto più recente degli F-35 risulta, secondo fonti indipendenti statunitensi, “sofferente” di centinaia di difetti di progettazione, oltre al fatto che in questi giorni i tecnici dell’Usaf hanno lamentato la consegna di pezzi difettati.
Il «nodo» tedesco. A causa di questi problemi e dei prevedibili ritardi per la sostituzione dei Tornado, in Germania il governo tedesco aveva ipotizzato una sostituzione temporanea dei propri bombardieri “nucleari” per la base di Büchel (a sud di Bonn) con gli F-18 “di seconda mano” dalla Marina Usa, ma le recenti tensioni politiche fra lady Angela Merkel e il presidente Donald Trump pare abbiano quanto meno congelato se non annullato l’accordo.
Per quanto riguarda l’Italia, l’F-35 “nucleare” pare non vedrà la luce prima del 2024 se non oltre.
Ammesso quindi, infine, che non vi siano ulteriori problemi e intoppi, per i “nostri” 90 F-35, convenzionali o a capacità nucleare che siano, i contribuenti italiani alla fine del programma di acquisizione avranno speso in totale circa 14 miliardi di euro, al netto non solo dell’emergenza Coronavirus ma anche dei problemi e delle polemiche circa un programma militare che si sarà rivelato come il più costoso della nostra storia. E questo senza contare l’opposizione alla capacità nucleare dei nostri piloti e dei nostri mezzi contestata dalle associazioni pacifiste quale “Peacelink” di Taranto.
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