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Bari, affitti inutili per 216mila euro: ex manager risarcirà Aqp

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Aqp e la truffa del cloro «Siamo parte offesa»

Il Tribunale: legittimo il licenziamento dell’ex n. 1 Aqp per il caso-Bianco

Domenica 10 Maggio 2020, 10:50

BARI - Il licenziamento per giusta causa dell’ex amministratore unico Ivo Monteforte fu legittimo, e dunque Aqp nulla più gli deve se non circa 7mila euro a titolo di differenze sul trattamento di fine rapporto. Dovrà essere invece l’ingegnere di Pesaro a rimborsare l’Acquedotto con 216mila euro più interessi: i soldi spesi per l’affitto - ritenuto inutile - di un lussuoso appartamento nel quartiere Madonnella di Bari, nonostante la sede della società sia dotata di una altrettanto lussuosa foresteria con vista sul teatro Petruzzelli. La sezione Imprese del Tribunale di Bari (presidente Simone, relatore Cavone) ha chiuso così la causa risarcitoria avviata proprio da Monteforte nel 2015, cui Aqp (con il professor Giuseppe Trisorio Liuzzi) ha risposto con una riconvenzionale: dall’audit interno disposto dopo il licenziamento (dall’articolo della «Gazzetta» che ne dava conto partì un’inchiesta della Procura di Bari che ha portato al sequestro di 160mila euro a carico di Monteforte) erano infatti emerse una serie di «spese pazze» effettuate anche con la carta di credito aziendale.

La questione risale all’ottobre 2010, quando Monteforte deliberò l’assunzione a tempo indeterminato dell’allora direttore generale Massimiliano Bianco (poi costretto alle dimissioni) il cui contratto aveva superato il limite massimo di cinque anni. Una scelta illegittima secondo la Regione che esattamente una settimana dopo aveva approvato in giunta la modifica dello statuto di Aqp secondo cui la scelta del dg passava dalla competenza dell’amministratore a quella dell’assemblea. La questione era però rimasta sopita per quasi due anni, fino a una interrogazione presentata ad aprile 2012 dall’allora consigliere regionale Antonio Decaro (oggi sindaco di Bari): ne derivò un parere negativo del collegio sindacale e - nel novembre 2012 - il licenziamento di Monteforte deciso dal governatore Nichi Vendola.

Secondo la difesa del manager (che aveva chiesto oltre 400mila euro di compensi arretrati più i danni morali) l’assunzione di Bianco non è motivo sufficiente a far venire meno il rapporto fiduciario, anche perché la contestazione era stata mossa solo dopo due anni. Ma il Tribunale è stato di diverso avviso: si tratta - hanno scritto i giudici - di «fatti di oggettiva gravità»: Monteforte - è detto in sentenza - ha firmato l’assunzione a tempo indeterminato di Bianco con «tempi e modi tali da evidenziare la sua assoluta noncuranza rispetto alla volontà del socio unico (Regione Puglia) di affidare la competenza della relativa nomina all’assemblea dei soci con una modifica statutaria decisa dalla Giunta regionale». Una volontà che Monteforte «certamente già conosceva (e non poteva verosimilmente non conoscere, attesa la sua posizione e i costanti rapporti con la Regione Puglia, quale unico azionista della società) essendosi tra l’altro in precedenza esplicitamente opposto alla relativa decisione nel corso di una precedente assemblea societaria».

Il manager, assunto nel 2007 a 250mila euro l’anno più rimborsi spese e incentivi (poi ridotti a 225mila nel 2010) deve invece rispondere per il contratto di fitto dell’appartamento di via Egnatia stipulato nel 2007 per cinque anni: spesa «palesemente irragionevole ed incongrua», in quanto appunto la sede di Aqp è dotata di foresteria, e infatti «non autorizzata dall’assemblea dei soci». Ai 189mila euro dei canoni di locazione vanno aggiunti 10mila euro di spese condominiali, 3.600 euro di bollette, 3.400 euro di manutenzioni e 10.460 euro di spese varie, compresi i mobili dell’Ikea comprati con la carta di credito aziendale per un totale appunto di 216mila euro per i quali Monteforte aveva chiamato in manleva le due società assicuratrici con cui aveva sottoscritto una polizza per la responsabilità civile ma che non dovranno tirare fuori un euro. Si tratta, per i giudici, di «spese volontariamente sostenute» da Monteforte «abusando dei propri poteri inerenti alla carica manageriale, con conseguente esclusione della possibilità di configurare il relativo obbligo restitutorio alla stregua di un sinistro indennizzabile sul piano assicurativo».

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