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Regionali, candidati centrosinistra costretti ad autofinanziarsi le primarie

 
Massimiliano Scagliarini

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Massimiliano Scagliarini

Regionali, candidati centrosinistra costretti ad autofinanziarsi le primarie

Casse vuote e conto pignorato al Pd, ma Palmisano si tira fuori: «Gli altri sono professionisti della politica, io no»

Lunedì 23 Dicembre 2019, 13:11

In altri tempi, probabilmente, il Partito democratico si sarebbe fatto carico di anticipare le spese. Ma le casse sono vuote, con il conto pignorato per via del decreto ingiuntivo dei tre dipendenti della segreteria regionale (senza stipendio da mesi), tanto da costringere la Commissione di garanzia a espellere quattro consiglieri regionali per costringerli a saldare gli arretrati. E così, per pagare le primarie del 12 gennaio, saranno i quattro candidati del centrosinistra a dover mettere mano al portafogli: entro oggi dovranno versare 2.000 euro a testa per costituire il fondo cassa. Ma non tutti sono d’accordo.

Mercoledì scorso il tavolo del centrosinistra ha deciso di costituire una associazione che materialmente si occuperà di gestire le primarie. A guidarla sarà Claudio Cesaroni, segretario regionale del Psi. Ne fanno parte i rappresentanti di ciascun candidato, mentre Mimmo Magistro (Socialdemocratici) è revisore unico. Il primo atto è stato appunto di chiedere un «gettone» che i delegati di Michele Emiliano, Fabiano Amati e Elena Gentile hanno accettato di versare. Mentre il candidato «indipendente», il sociologo Leo Palmisano, ha fatto dire che non è d’accordo. «Non intendo contribuire – spiega Palmisano -, si tratta di una richiesta del tutto inusuale. Ho dichiarato dall’inizio che avrei speso molto poco. Gli altri tre candidati sono professionisti della politica, che hanno una indennità, e io no. E non penso che si debbano costruire delle primarie in base al censo».
Il tavolo tornerà a riunirsi lunedì per varare lo statuto dell’associazione. Poi bisognerà aprire un conto corrente. Il 12 gennaio, ai gazebo, verrà chiesto un contributo di un euro a ciascun votante, e quei soldi serviranno a pagare le spese. Ma nel frattempo bisogna far stampare le schede, ordinare il materiale di cancelleria, farsi carico dei costi per il rilascio dei permessi. E il tempo stringe.

Il Pd pugliese, come ormai noto, si trova finanziariamente in brutte acque. Non solo il pignoramento dei conti da parte dei dipendenti, ma anche le bollette e i fitti arretrati della sede regionale di via Re David. Venerdì il segretario Marco Lacarra ha convocato una riunione della segreteria, con la partecipazione del Comitato dei garanti, per fare il punto anche sulle espulsioni dei morosi: il presidente del Consiglio regionale, Mario Loizzo, l’assessore Raffaele Piemontese, i consiglieri Anita Maurodinoia e Donato Pentassuglia. Le delibere di espulsione notificate l’altro giorno sono sospese fino al 5 gennaio: più che «cartellini rossi», sono diffide di pagamento. Ma gli interessati, comprensibilmente, non l’hanno presa benissimo. Sia Loizzo che Piemontese e Pentassuglia pongono questioni di principio (dicono di aver contributo ai circoli del proprio territorio, o chiedono parità di trattamento a parità di stipendio), mentre la Maurodinoia non paga perché si è dichiarata indipendente. Ma c’è, ovviamente, anche il tema politico perché Loizzo e «lady preferenze» sembrano destinati alla candidatura nelle liste civiche di Emiliano. E dunque la storia dell’allontanamento per debiti, viene letta da molti come un modo, da parte del Pd, di giocare d’anticipo: ti butto fuori prima che sia tu ad andartene.

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