I pm della Dda Lidia Giorgio e Federico Perrone Capano hanno chiesto 25 condanne per complessivi 303 anni e 3 mesi di carcere, con pene oscillanti da 4 a 18 anni, nel processo abbreviato «Decima Azione» a 24 foggiani e 1 garganico, che si celebra nell’aula del Tribunale di Bari di via Dioguardi davanti al gup Giovanni Anglana. Gli imputati, arrestati da squadra mobile e carabinieri del nucleo investigativo nel blitz del 30 novembre 2018 e in gran parte detenuti in carcere, sono accusati a vario titolo di mafia quali affiliati a due clan rivali della «Società foggiana» (Sinesi/Francavilla e Moretti/Pellegrino/Lanza); 11 estorsioni e 5 tentativi di estorsione aggravati dalla mafiosità per i metodi usati e per aver agevolato la «Società foggiana»; 4 contestazioni di porto e detenzione illegale di armi. Per altri 4 imputati, rinviati a giudizio il 23 settembre scorso, è in corso il processo con rito ordinario in Tribunale a Foggia in cui rispondono sempre a vario titolo di mafia, estorsioni e uno anche di un tentativo di omicidio collegato all’ultima guerra di mafia del 2015-2016 tra i due clan rivali, contrassegnata in 13 mesi da 3 omicidi e 8 feriti/miracolati (tra cui un bambino di 4 anni) su entrambi i fronti.
Parlando per circa un’ora i pm della Dda hanno ripercorso le tappe dell’inchiesta e gli elementi d’accusa: hanno anche depositato una memoria difensiva nel chiedere oltre 3 secoli di carcere per i 25 imputati, spiegando che in caso di dichiarazioni confessorie potrebbero rivalutare l’entità della pena da chiedere.
Per il boss Rocco Moretti, alias «il porco», nome storico della mafia foggiana e accusato di mafia, armi e un tentativo di estorsione, la Dda ha chiesto 16 anni e 8 mesi quale capo dell’omonimo clan; 14 anni la pena richiesta sia per il suo fedelissimo e pari grado Vito Bruno Lanza alias «u lepre»; sia per il capo del gruppo rivale Roberto Sinesi: entrambi rispondono «solo» di mafia. Quattordici anni a testa la pena invocata anche per i fratelli Ciro e Giuseppe Francavilla , accusati di mafia (quali organizzatori) e estorsione. La pena più alta - 18 anni di carcere - la Dda l’ha chiesta per Francesco Tizzano accusato di mafia presunto affiliato al clan Moretti quale organizzatore e di ben 13 estorsioni.
I fatti contestati vanno dal 2016 al 2018. L’accusa poggia essenzialmente su intercettazioni telefoniche e ambientali che confermano come sia sempre il pizzo (20 le parti lese individuate dalla Dda, solo una si è costituita parte civile) l’affare principale della ormai ultratrentennale storia della «Società foggiana» costituita negli anni Ottanta. Alle origini era una struttura verticistica e unitaria, prima di dividersi a partire dalla seconda metà degli anni Novanta un clan spesso in guerra tra loro, ma mantenendo comunque una cassa comune per assistere gli affiliati detenuti e le loro famiglie; e nucleo direttivo rappresentato dai capi delle batterie che decidono e controllano gli affari e con una strategia unitaria.
Prima della requisitoria - cui molti detenuti hanno assistito in videoconferenza dalle varie carceri dove sono detenuti - si sono costituiti parte civile la Confindustria, l’associazione «Giovanni Panunzio: eguaglianza, diritti, legalità», e uno imprenditore vittima del racket: si aggiungono a Comune di Foggia, Regione Puglia e Fai (Federazione antiracket italiana) che si erano già costituite a settembre durante l’udienza preliminare. Presente all’udienza anche il presidente della Regione Michele Emiliano che ha detto: «la mia presenza è solidale nei confronti di tutta la comunità di Foggia; noi siamo qui come se tutti gli imprenditori soggetti a estorsione siano costituiti parte civile».
Definito il calendario delle prossime udienze per le arringhe difensive: una al mese da gennaio a giugno quando dovrebbe essere pronunciata la sentenza di primo grado. In caso di condanna, vista la scelta del rito abbreviato, gli imputati beneficeranno dello sconto di un terzo della pena.