BARI - Ferrovie Sud-Est dovrà restituire alla Regione 3,1 milioni di euro a titolo di penali sui servizi di trasporto svolti nel 2017. Sono le «multe» comminate alla società (oggi nel gruppo Fs) a seguito dell’attività degli ispettori che controllano la qualità degli autobus e dei treni. Lo ha deciso il Tar di Bari, respingendo il ricorso di Fse che aveva impugnato il provvedimento con cui, a inizio gennaio, la Regione aveva comunicato i conguagli, disponendo un taglio sui trasferimenti pari a circa 7,1 milioni di euro.
La differenza con i 3,1 milioni sono le multe relative al mancato rispetto degli indici di puntualità, i 400mila euro per gli scioperi e gli 8mila euro di sanzione per non aver fornito alla Regione il consuntivo delle percorrenze effettuate nel 2013. Ma per queste tre voci, il Tar di Bari (Terza sezione, presidente Ciliberti, relatore Palma) ha dichiarato la competenza del giudice ordinario. Va detto che le penali per la mancata puntualità, calcolate in base al contratto di servizio, ammontano alla stratosferica cifra di 28 milioni, ma lo stesso contratto definisce un tetto che è pari appunto a 7,1 milioni: nel 2017, insomma, è stata applicata la massima sanzione prevista. Ma parliamo di un vero e proprio «annus horribilis», costellato di scioperi e disservizi anche a causa di autobus da terzo mondo e treni senza manutenzione.
Sulle verifiche svolte dagli ispettori, che hanno portato a comminare 3,1 milioni di multe, il Tar ha condiviso la tesi della Regione (avvocati Nilde Francesconi e Brunella Volini): Fse avrebbe dovuto impugnare le sanzioni (che nel frattempo si erano consolidate) e non la lettera di gennaio scorso che è «atto meramente riepilogativo». L’attività di controllo nelle stazioni e sui mezzi è peraltro un diritto previsto dal contratto, rispetto al quale gli ispettori redigono un verbale in contraddittorio con la società.
«La sentenza - commenta l’assessore ai Trasporti, Gianni Giannini - conferma l’assoluta neutralità della nostra azione amministrativa. Si tratta di sanzioni elevate a fronte di obiettive violazioni e che, come tali, andranno pagate». La questione si intreccia però con il concordato preventivo di Ferrovie Sud-Est, in quanto i 7,1 milioni complessivi comminati per il 2017 sono sensibilmente più alti di quanto Fse (4,4 milioni) Fse aveva previsto nel suo piano di salvataggio. E questo spiega perché l’azienda ha fatto ricorso al Tar, con l’obiettivo di ottenere un accertamento negativo del debito nei confronti della Regione. La questione ora avrà una parentesi davanti al Tribunale ordinario, ma nel frattempo la differenza (tra i 7,1 richiesti e i 4,4 previsti) finirà a carico della capogruppo Fs per garantire la tenuta del piano di salvataggio.
Ferrovie Sud-Est, come noto, è impegnata in un pellegrinaggio dei tribunali italiani per cercare di non pagare una parte dei suoi debiti. In particolare ha messo nel mirino i 43 milioni dovuti a un gruppo di 34 creditori (in primis professionisti, come ad esempio l’avvocato romano Angelo Schiano o l’ingegnere salentino Prato, ma anche alcune società appaltatrici) che l’azienda di trasporto oggi ritiene frutto di operazioni poco chiare. Anche quelle somme sono regolarmente previste all’interno del concordato, in parte anche sottoforma di debito privilegiato, e il giudice delegato Nicola Magaletti ha negato l’autorizzazione chiesta da Fse ad accantonare le somme in attesa delle sentenze su ciascun singolo caso. Una parte dei soldi (per un totale di 25 milioni) è stata sottoposta a sequestro da parte della Procura di Bari, in quanto relativa a persone coinvolte nel processo per la bancarotta da 230 milioni di Fse.