“Insussistenza degli elementi oggettivi del reato ipotizzato. Si dispone quindi l’archiviazione del procedimento perché il fatto non sussiste”. Poche righe del gip Carlo Protano in accoglimento della richiesta del pm, pongono fine all’inchiesta aperta nel 2018 dalla Procura a carico di 8 persone in relazione a 3 appalti dell’Ataf, l’azienda per i trasporti urbani, e che ipotizzava l’esistenza di un centro di potere. Furono coinvolti ex presidente, manager e dirigenti dell’azienda, imprenditori, ristoratori accusati a vario titolo di turbativa d’asta e induzione indebita a dare o promettere utilità.
Accuse archiviate quindi per Raffaele Ferrantino, 61 anni, ex presidente Ataf dimessosi dalla carica nel marzo 2018; Massimo Di Cecca, 58 anni, ex direttore generale dell’azienda; Leonardo Ciuffreda, 49 anni, funzionario Ataf; Sergio Giannini, 64 anni, amministratore della “Geosolar costruzioni” e cogestore del ristorante “Tre archi”; Marco Damiano, 50 anni, amministratore della “Euroelettrik”; Giovanni Longobardo, 66 anni, di Napoli, titolare della società “GI brokers”; Michele Di Maio, 56 anni, di Avellino, amministratore delle “Officine Di Maio”. Accuse venute meno perché il fatto non sussiste. Archiviazione invece perché è deceduto nelle more del’inchiesta l’ottavo indagato, Massimo Di Donna, pensionato foggiano morto a 75 anni nel novembre 2019.
L’inchiesta sfociò in perquisizioni eseguite il 25 gennaio 2018 nella sede Ataf e nelle abitazioni e studi professionali di 5 indagati. La Procura chiese gli arresti domiciliari per 8 persone. Il gip Protano il 7 giugno 2018 rigettò l’istanza, ritenendo che per alcune imputazioni non ci fossero gravi indizi; e che per 2 delle 3 gare d’appalto non reggesse l’accusa di turbativa d’asta perché non erano gare pubbliche rientrando nella discrezionalità dell’azienda. Il pm presentò appello al Tribunale della libertà di Bari, rinnovando la richiesta di arresti domiciliari: ricorso rigettato il 7 marzo 2019, tranne per Di Donna per il quale fu disposto il divieto di dimora, mai eseguito perché la difesa ricorse in Cassazione. La Suprema corte confermò poi l’ordinanza del Tdl, respingendo il ricorso del pm. Il 18 settembre 2019 la Procura chiese il rinvio a giudizio di 8 imputati (ridotti successivamente a 7 per la morte di Di Donna) contestando la turbativa d’asta o l’abuso; e l’induzione indebita o la corruzione. L’udienza preliminare si arenò il 16 novembre 2020, quando il gup rimandò gli atti alla Procura per decidere quale reato contestare, accogliendo così la tesi difensiva sull’impossibilità della contestazione alternativa di reati, perché gli imputati avevano il diritto di sapere da quale accusa difendersi.
Tre gli appalti del 2016/2017 al centro dell’inchiesta. Il primo coinvolgeva Di Cecca e Longobardi per turbativa d’asta: riguardava la stipula della polizza assicurativa “Rc auto” della flotta aziendale Ataf a favore della “GI Brokers” dell’imprenditore campano. Il secondo l’acquisto di 10 autobus dalle “Officine Di Maio”, chiamando in causa per turbativa d’asta Ferrantino, Ciuffreda, Di Cecca tutti dell’Ataf e l’imprenditore irpino Di Maio. Il terzo appalto sempre per turbativa d’asta (imputati Di Donna, Ferrantino, Ciuffreda, e gli imprenditori foggiani Giannini e Damiano) verteva sull’affidamento del servizio degli impianti antincendio dei parcheggi Zuretti, Ginnetto e Vincenzo Russo alla “Geosolar costruzioni” di Giannini. Connessa a questa imputazione era quella di induzione indebita a dare o promettere utilità contestata a Di Donna, Ferrantino, Giannini e Damiano. L’accusa ipotizzava, ipotesi poi franata, che Giannini in cambio dell’appalto avesse ospitato gratis nel proprio ristorante Ferrantino e Di Donna; e che Giannini e Damiano tramite le rispettive imprese avessero svolto lavori gratuiti di impiantistica (antifurto, riscaldamento, condizionamento) nelle abitazioni dei due coimputati.















