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Omicidio della tabaccaia a Foggia: il reo confesso resta in carcere

Omicidio della tabaccaia a Foggia: il reo confesso resta in carcere

 
Redazione Foggia

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Omicidio della tabaccaia a Foggia: il reo confesso resta in carcere

Salta per un doppio impedimento e slitta quindi a settembre l’udienza preliminare, con conseguente sospensione dei termini di carcerazione preventiva

Giovedì 25 Luglio 2024, 12:36

FOGGIA - Salta per un doppio impedimento e slitta quindi a settembre l’udienza preliminare, con conseguente sospensione dei termini di carcerazione preventiva a carico di Redouane Moslli, 44 anni, bracciante marocchino residente a Milano, reo confesso dell’omicidio a scopo di rapina di Franca Marasco, 72 anni, foggiana, proprietaria della tabaccheria di via Marchese De Rosa 100, uccisa con 4 coltellate a collo e addome la mattina del 28 agosto 2023 per sottrarle 75 euro e 2 telefonini. La donna aveva riaperto la rivendita quella mattina dopo un periodo di ferie; poco prima delle 13 fu aggredita da un uomo col volto coperto da mascherina anticovid, che calzava guanti per non lasciare impronte, e armato di coltello poi buttato e trovato vicino al negozio. L’imputato fu rintracciato a Napoli il 2 settembre e fermato il giorno successivo dai carabinieri su decreto del pm.

Ieri il gup Michela Valente, al quale il pm Ida Perrone chiese di rinviare a giudizio in corte d’assise il presunto omicida, ha preso atto di un doppio ostacolo alla celebrazione dell’udienza preliminare: il legittimo imprendimento del difensore, avv. Benedetto Maria Scippa, bloccato in stazione a Lecce da ritardi alla circolazione ferroviaria e che ha quindi chiesto il rinvio; e problemi nel videcollegamento con il carcere di Taranto dov’è detenuto Moslli. Visto il rinvio, sospesi i termini di carcerazione preventiva che sarebbero scaduti a settembre: il presunto omicida resta quindi in cella. I familiari della Marasco si sono costituiti parte civile con l’avv. Giulio Treggiari.

Moslli risponde di concorso anomalo, ossia reato diverso da quello voluto, in omicidio aggravato sia dal nesso teleologico sia dalla minorata difesa della vittima, “non in grado per età e conformazione fisica di opporre adeguata difesa”; concorso in rapina aggravata “dai motivi abietti e futili data la modestia del sottratto”; porto illegale dell’arma del delitto, un coltello da cucina con una lama di 18 centimetri di lunghezza e 3 di larghezza. L’aggravante del nesso teleologico, aver cioè ucciso per portare a termine la rapina, prevede in linea edittale l’ergastolo: è quindi ostativa al giudizio abbreviato che si celebra davanti al gup e prevede la riduzione di un terzo della pena.

Il bracciante nordafricano, che all’epoca del delitto era a Foggia da qualche mese in cerca di un lavoro nei campi per raccogliere il pomodoro, è rimasto l’unico imputato dell’inchiesta dopo la morte il 15 giugno di Vittorino Checchia, 73 anni, di Castelluccio Valmaggiore, deceduto in ospedale dov’era piantonato in stato di detenzione. Checchia fu arrestato il 14 settembre 2023 su ordinanza cautelare del gip basata sulla chiamata in correità di Moslli: l’anziano respingeva le accuse rivolte dal marocchino di avergli indicato la tabaccheria da rapinare; di avergli fornito coltello, mascherina e guanti usati per l’aggressione; e d’aver spartito subito dopo il colpo i 75 euro sottratti alla Marasco.

Moslli ha confessato in tre interrogatori: il 2 settembre davanti al pm che ne dispose il fermo; 6 settembre dal gip nell’interrogatorio di convalida; 28 giugno quando fu interrogato di nuovo dal pm su richiesta della difesa dopo la notifica dell’avviso di conclusione delle indagini. Si avvalse invece della facoltà di non rispondere alle domande il 9 maggio quando si svolse l’incidente probatorio chiesto dalla Procura per cristallizzare le accuse rivolte da Moslli a Checchia, alla presenza di quest’ultimo e del suo legale. A dire del bracciante, non voleva uccidere la Marasco; le 4 coltellate - le prime due alla gola, le successive all’addome - sarebbero conseguenza di colpi inferti accidentalmente durante la colluttazione; versione ritenuta inverosimile dal gip che convalidò il fermo del sospettato.

Gli elementi d’accusa contro Moslli sono confessione reiterata, video, testimonianze, esiti dell’autopsia, accertamenti biologici eseguiti dai Ris. Furono decisivi i filmati per indentificare Moslli: la tabaccheria rapinata non era munita di sistema di videosorveglianza, ma le telecamere della zona ripresero la via di fuga di un uomo a volto scoperto in direzione di piazza Giordano; venne filmato anche dopo essersi cambiato i vestiti in un locale di via Mameli, ritenuto nella disponibilità di Checchia e dove sarebbe stato spartito il bottino. Moslli nel confessare chiamò in causa tale “Renu”, poi identificato in Checchia, sostenendo d’essersi conosciuti qualche mese prima nel centro d’accoglienza di una chiesa, e d’aver progettato insieme di rapinare alcune tabaccherie.

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