FOGGIA - Ha rinunciato al ricorso al Tribunale della libertà di Bari per chiedere la scarcerazione per insufficienza di indizi Vittorino Checchia, 70 anni, foggiano, arrestato il 14 settembre quale presunto complice di Redouane Moslli, il bracciante marocchino di 43 anni in cella dal 3 settembre, reo confesso dell’omicidio di Franca Marasco, 72 anni, la titolare della tabaccheria di via Marchese De Rosa accoltellata nella propria rivendita la tarda mattina del 28 agosto per rapinarle 75 euro e 2 telefonini.
L’avvocato Carlo Gesueto aveva depositato il ricorso al Tdl per chiedere l’annullamento dell’ordinanza cautelare nei confronti di Checchia, firmata dal gip di Foggia Marialuisa Bencivenga su richiesta del pm Ida Perrone che coordina le indagini dei carabinieri; la difesa ha poi rinunciato a insistere nella richiesta di scarcerazione.
Franca Marasco era sola nella rivendita riaperta la mattina del 28 agosto dopo un periodo di ferie quando alle 12.45 fece irruzione un uomo con guanti, mascherina anti covid e un coltello da cucina tra le mani con cui la colpì 4 volte a collo e addome, causandone la morte immediata. L’assassino abbandonò l’arma vicino alla tabaccheria e fuggì in direzione di piazza Giordano venendo filmato da numerose telecamere. Da video e testimonianze si risalì a Moslli arrivato a Foggia a luglio per cercare un lavoro come bracciante e che dopo il delitto aveva lasciato il capoluogo dauno per raggiungere Napoli, dove fu rintracciato dai carabinieri la sera del 2 settembre nei pressi della stazione. Riportato a Foggia e interrogato poche ore dopo dal pm, Moslli confessò, dicendo che non voleva uccidere la tabaccaia ma solo spaventarla con il coltello; e chiamò in causa un foggiano da lui conosciuto come «Renu»: sostenne che era stato il complice a indicargli l’obiettivo da rapinare e fornirgli guanti, mascherina e arma; che si erano visti subito dopo l’omicidio in un locale di via Mameli nella disponibilità di «Renu» dove avevano spartito il bottino e dove il marocchino si era cambiato d’abito.
In base alla chiamata di correità di Moslli, pm e carabinieri avevano identificato Checchia arrestato il 14 settembre con l’accusa di concorso in rapina e in omicidio anomalo (reato diverso da quello voluto). Investigatori, pm e gip sostengono che il racconto del marocchino è riscontrato da una serie di elementi: i contatti telefonici tra i due indagati prima e dopo l’omicidio; un incontro in un bar il giorno prima del delitto filmato dalle telecamere; la disponibilità di Checchia di un locale in via Mameli dove le telecamere inquadrarono Moslli prima e dopo il cambio d’abiti indossati al momento del delitto. Nell’interrogatorio di garanzia davanti al gip all’indomani dell’arresto, Checchia si avvalse della facoltà di non rispondere. Il foggiano è detenuto nel carcere dauno; Moslli è stato trasferito in quello di Lecce per evitare contatti tra i due sospettati.
L’indagine è sostanzialmente chiusa anche se ci vorranno mesi prima della formale conclusione e la presumibile richiesta del pm di mandare sotto processo marocchino e foggiano: si attendono gli esiti dell’autopsia (il medico legale ha 60 giorni per depositare la relazione) e di una serie di accertamenti e analisi delegate ai carabinieri del Ris di Roma (reparto investigazioni scientifiche) per cercare impronte digitali e tracce biologiche utili a ricavare il Dna su una serie di reperti sequestrati nel corso delle indagini.