FOGGIA - Le mani della “Società foggiana” anche sulle corse ippiche, con minacce e estorsioni ai fantini per alterare le gare all’ippodromo di Castelluccio dei Sauri e andare sul sicuro con le scommesse. Si è parlato di questo in Tribunale nella nuova udienza del processo “Decimabis” a 13 foggiani (elenco a fianco ndr) accusati a vario titolo di mafia, 4 estorsioni, 1 tentativo di estorsione, 2 contestazioni di usura e 1 di turbativa d’asta con l’aggravante della mafiosità per metodi utilizzati e per aver agito per agevolare i clan. L’indagine sulla mafia del pizzo sfociò nel blitz del novembre/dicembre 2020 con 44 arresti; seguirono 43 richieste di rinvio a giudizio per 30 imputazioni, tra cui 17 estorsioni e 6 tentativi di estorsioni; 2 imputati morirono nelle more dell’udienza preliminare; il processo ai restanti 41 foggiani si sdoppiò: 28 giudicati con rito abbreviato dal gup di Bari e condannati in primo grado il 18 ottobre 2022 a 203 anni di carcere complessivi; altri 13 rinviati a giudizio per essere processati con rito ordinario davanti al Tribunale di Foggia, con la prima udienza celebrata il 21 dicembre 2021.
Marco Gelormini di 36 anni, risponde di tentata estorsione aggravata dalla mafiosità (in concorso con Francesco Pesante, Emilio Ivan D’Amato e Francesco Tizzano condannati a Bari dal gup) a due fantini: l’imputato si dice innocente. Secondo l’accusa le due vittime furono avvicinate da alcune persone il 19 ottobre 2017 all’ippodromo di Castelluccio dei Sauri prima della corsa “Premio Gubbio” e minacciate a non arrivare nei primi tre posti. I fantini avvisarono subito la direzione di gara che annullò la corsa, informò gli organi sportivi da cui scattò la segnalazione alle forze dell’ordine. “Le corse ippiche rappresentano un settore nel quale la Società foggiana è molto attiva: suoi esponenti si sono infiltrati per alterare le competizioni sportive” scrisse il gip di Bari che firmò le ordinanze cautelari del blitz Decimabis: “i proventi illeciti delle corse dei cavalli confluiscono nella cassa comune dei clan, dalla quale attingere per pagare le spese legali e di mantenimento dei sodali detenuti”.
Nell’ultima udienza pm e difesa hanno concordato di acquisire le dichiarazioni rese l’11 gennaio 2018 durante le indagini dal presidente di giuria, citato quale teste d’accusa e regolarmente presente. “Il pomeriggio del 19 ottobre 2017” disse agli investigatori “ero all’ippodromo di Castelluccio in qualità di presidente della giuria della prima delle sette corse ippiche in programma. Mentre ero all’interno della torretta del centro pista, giunse una telefonata sull’utenza fissa, con cui due fantini che conosco e guidatori dei cavalli che si apprestavano alla gara, mi informarono d’essere stati avvicinati da alcune persone a loro ignote all’interno delle scuderie che gli avevano intimato di correre per non vincere o non piazzarsi, non ricordo bene; il piazzamento nel gergo tecnico equivale all’arrivo in una delle prime tre posizioni. Nella telefonata i due fantini non aggiunsero altro: in armonia con le disposizioni che regolano le corse, annullammo la corsa e inviammo la segnalazione all’organo sportivo del ministero delle politiche agricole. Quel giorno non vidi né risentii i due fantini, li incontrai una ventina di giorni dopo senza però tornare sull’argomento: si erano molto spaventati. ma a me non aggiunsero alcun dettaglio”.