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Foggia, una mostra permanente per ricordare Sacco e Vanzetti

 
 Michele Toriaco

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Michele Toriaco

Foggia, una mostra permanente per ricordare Sacco e Vanzetti

Al castello ducale di Torremaggiore le lettere scritte da Nicola Sacco alla famiglia, nei sette anni di prigione negli Stati Uniti, prima di essere giustiziato

Mercoledì 09 Marzo 2022, 11:13

TORREMAGGIORE (FOGGIA) - Tra lettere e altro materiale d'archivio privato, sta per diventare realtà una mostra permanente dedicata al caso «Sacco e Vanzetti». Si tratta di una copiosa raccolta di epistole, foto, articoli di giornali italiani e stranieri, filmati d'epoca, libri, videodocumentari e altro, donati nel 2020 al Comune di Torremaggiore dalla nipote di Nicola Sacco, la maestra elementare in pensione Maria Fernanda. Tutto il materiale verrà esposto nel Castello ducale, in una stanza che sarà adibita a sede permanente della mostra, grazie ad un contributo di 180mila euro destinati al Comune di Torremaggiore dal «Gal Daunia rurale 2020» (l’agenzia di sviluppo locale che opera nell'Alto Tavoliere).

Al momento, l'iter di attivazione del contributo è ancora in corso, si aspetta infatti il completamento della pratica legata ad alcuni chiarimenti richiesti dal Gal sul progetto che il 28 febbraio scorso il Comune ha riapprovato per ritrasmetterlo al Gal. Intanto, val bene ricordare che Nicola Sacco, originario di Torremaggiore, e Bartolomeo Vanzetti piemontese di Villafalletto (Cuneo) erano emigrati per lavoro negli Stati Uniti, furono giustiziati sulla sedia elettrica il 23 agosto 1927 a Boston (Stato del Massachusetts), nel carcere di Charlestown, accusati senza prove certe di un duplice omicidio a scopo di rapina. Sacco (operaio calzaturiero) aveva 36 anni quando morì e 17 quando arrivò in America dove si sposò ed ebbe due figli. In quegli anni caratterizzati anche dalle manifestazioni operaie in difesa dei diritti dei lavoratori, conobbe Vanzetti (pescivendolo) con il quale entrarono a far parte di un gruppo anarchico italoamericano. A Torremaggiore, Nicola Sacco aveva lasciato la famiglia con il padre Michele e i fratelli Sabino, Luigi (il padre della maestra Maria Fernanda) e Ferdinando. E sarà il fratello Luigi a conservare una parte del materiale documentale che la figlia ha donato al Comune, soprattutto le lettere che il fratello Nicola scriveva alla famiglia dal carcere in cui fu rinchiuso per sette anni.

Autentici cimeli, simboli di una vicenda che fece il giro del mondo, suscitando un’ondata di indignazione e proteste culminate nella nascita di movimenti d’opinione che all'epoca chiedevano la liberazione dei due italiani, e poi dopo la loro morte la piena riabilitazione. Ma a quel tempo in America erano forti le tensioni sociali e politiche legato in particolar modo all'avversione del Governo verso movimenti politici come quello degli anarchici. Delle lettere conservate dalla nipote di Sacco, fanno parte anche alcune chicche, come la lettera che Michele, il padre di Nicola, scrisse a Benito Mussolini perché intercedesse con le autorità statunitensi nella speranza che i due italiani fossero liberati; e la lettera che Sabino, fratello di Nicola, e Vincenzina, sorella di Bartolomeo, scrissero (senza ottenere risposta) nel 1975 all'allora presidente americano Gerald Ford, perché riabilitasse ufficialmente i loro congiunti; e poi anche la prima edizione del libro autobiografico “I miei ricordi di una tragedia famigliare”, scritto da Maria Fernanda. Una quasi-riabilitazione avvenne nel 1977, grazie ad un proclama firmato dall'allora governatore del Massachusetts, Michael Dukakis, in cui il testo, fra l’altro, recita: “Dichiaro che ogni stigma ed onta venga per sempre cancellata dai nomi di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, dai nomi delle loro famiglie e discendenti”. Le ceneri frammiste di Sacco e Vanzetti riposano nel cimitero di Torremaggiore, nella tomba-monumento fatta erigere dal Comune nel 1998.

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