Manfredonia - Avrebbe dovuto essere un luogo in cui trovare un po’ di svago in un’estate anomala sia per il clima sia perché giunta al termine del lungo periodo di lockdown. Invece il parcheggio alle spalle del Centro “Cesarano” pare un deposito desolante ed inanimato di giganti della strada. «Siamo lavoratori anche noi e abbiamo famiglie da sfamare, non è giusto essere stati trattati così».
C’è tanta amarezza mista a preoccupazione per un futuro che ora più che mai appare incerto nella voce di Germano Alberini, della storica famiglia foggiana di giostrai che è stato invitato a lasciare Manfredonia, dove sabato scorso avrebbe dovuto inaugurare un mini luna park estivo.
Cos’è successo? E c’erano le autorizzazioni ad aprire? «Dopo aver fatto le richieste tramite piattaforma Suap un mese fa, avevamo avuto la scorsa settimana dalla dirigente del Comune l’ok per venire a Manfredonia», spiega Alberini. Invece i giostrai hanno smontato tutte le attrazioni per ripartire. «Non avevamo un permesso scritto, perché la dirigente del Comune, che ci aveva autorizzati, è la stessa che poi ci ha detto di andare via. Per avere l’autorizzazione definitiva – evidenzia - avremmo dovuto montare il luna park e attendere i controlli da parte dei tecnici. Invece, all’ultimo momento il Comune si è tirato indietro».
Poi precisa: «Se non avessimo preso accordi, come avremmo potuto avere le chiavi dei bagni che ci sono nel parcheggio? E perché avrebbero dovuto allacciarci la corrente, che tra l’altro abbiamo anche già pagato? E soprattutto perché avrebbero mandato a pulire l’area, che quando siamo arrivati era sporchissima e piena di rifiuti?».
La notizia dell’arrivo del luna park aveva fatto esultare molti, ma storcere il naso a tanti altri. A causa dell’emergenza Covid, infatti, sono saltati eventi vari ed anche le manifestazioni religiose. E il fatto di poter consentire l’allestimento di giostre vietando le processioni, non è stato ben visto. «Cosa c’entra la Madonna con il nostro lavoro?», sbotta Alberini. «Avremmo portato soltanto nove giostre, tra l’altro tenendole ben distanziate tra loro; avremmo evitato di mettere la musica, visto che vicino ci sono dei palazzi; e avremmo anche chiuso tutte le attrazioni ad orari che avrebbero potuto indicarci. Ma non è giusto non permetterci di lavorare. Hanno riaperto lidi, pizzerie e ristoranti. Perché noi no?«. «Abbiamo bisogno di lavorare, siamo sette famiglie con sei bambini e non incassiamo un centesimo da mesi», confessa sommessamente Germano Alberini, ancora incredulo del trattamento ricevuto dopo sessant’anni di attività. «Speravamo - aggiunge, e probabilmente ci sperano ancora - in un confronto cordiale per poter trovare una soluzione, ma non ci è stata concessa l’opportunità in questo momento di difficoltà economica. Non lo crediamo corretto e rispettoso verso dei lavoratori».