Il pm Rosa Pensa ha chiuso le indagini sull’omicidio di Giovanni Mastropasqua, il fruttivendolo foggiano di 50 anni ucciso la mattina del 19 giugno scorso in città via Zuretti con un colpo di pistola al collo mentre era all’interno della propria auto “Smart”. A far fuoco fu Donato Romano, 44 anni, muratore incensurato, debitore della vittima, arrestato poche ore dopo grazie al video del delitto registrato dalle telecamere della zona. Confessò dicendo d’aver sparato in preda al panico perché si sentiva minacciato da Mastropasqua che due mesi prima gli aveva prestato 1500 euro necessari a Romano per acquistare attrezzi da lavoro, debito lievitato a 4500 euro e seguito da minacce di morte, a dire del presunto assassino.
L’avviso di conclusione indagini prelude alla richiesta di rinvio a giudizio con l’udienza preliminare dal gup che si celebrerà nei primi mesi del 2026. Il pm contesta a Romano l’omicidio premeditato, accusa che in linea edittale prevede la pena dell’ergastolo, per essersi presentato armato all’appuntamento con Mastropasqua; e il porto illegale e la ricettazione dell’arma. Si tratta di una pistola-scacciacani modificata per sparare, ritrovata un mese dopo l’omicidio in un box che secondo l’accusa era nella disponibilità dell’indagato. Il difensore, avv. Monica Scaglione, ha ora 20 giorni ora per sollecitare eventualmente un nuovo interrogatorio del presunto omicida, chiedere ulteriori indagini, depositare memorie difensive. L’obiettivo del legale è far cadere la premeditazione, aggravante che preclude la possibilità di accedere al rito abbreviato, per accedere al rito alternativo che comporta la riduzione di un terzo della pena. I familiari di Mastropasqua si costituiranno parte civile con l’avv. Ettore Censano.
Scontato che a far fuoco e uccidere fu Romano considerati filmato, confessione, accertamenti del Ris sull’arma del delitto, il processo in cui sarà visionato il video ruoterà sulla sussistenza o meno dell’aggravante. Romano andò armato all’incontro con Mastropasqua per discutere dei soldi che non aveva da restituirgli e quindi con l’intenzione di uccidere, argomenta la Procura. Nient’affatto, replica l’avv. Monica Scaglione: Romano era impaurito, si sentiva minacciato, sparò in preda al panico un solo colpo. Squadra e mobile e carabinieri identificarono subito il presunto assassino, mostrando il video del delitto a familiari del fruttivendolo che riconobbero Romano.
“Mastropasqua lo conoscevo. Il 20 aprile scorso” la confessione dell’indiziato “gli dissi di dover acquistare attrezzi da lavoro, rispose che se avevo bisogno di un aiuto economico poteva farlo. Mi diede 1500 euro: l’accordo erfa restituirli entro un mese più 400 euro di interessi. Dopo pochi giorni però volle indietro 500 euro, e glieli diedi. Poi mi avvisò che per estinguere il debito avrei dovuto consegnare 4500 euro. Gli chiesi di darmi un po’ di tempo, lui si arrabbio, minacciando che mi avrebbe ucciso”.
La mattina del giorno del delitto vittima e presunto assassino si incontrarono davanti alle Poste di via Testi. “Col mio bancomat gli ho mostrato di non avere soldi sul conto. Ci siamo allontanati a bordo della sua Smart arrivando in via Zuretti” la versione difensiva “dove c’è stata una discussione. Quando mi ha detto: ‘mo’ ti faccio vedere che succede’, io preso dal panico gli ho sparato. La pistola l’ho acquistata questa mattina da uno straniero, l’ho portata con me temendo che Mastropasqua potesse farmi qualcosa. Ho sparato alla cieca; sono scappato e ho buttato l’arma in un cassonetto”. Versione che non convince l’accusa che contesta la premeditazione.
















