Trinitapoli - Se (e il se va sottolineato) e che ruolo avrebbe avuto Giuseppe Lafranceschina nella guerra tra clan di Trinitapoli? Oppure la sua morte violenta è figlia di quelle logiche di faida che spesso accompagnano le rivalità di gruppi che si fronteggiano per la laedership, ma dove affari e odio vanno di pari passo? È un’indagine difficile, per il contesto mafioso in cui è maturata, quella condotta dai carabinieri del nucleo investigativo di Foggia e coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Bari per individuare killer e mandanti dell’omicidio di Lafranceschina, 43 anni, ucciso il pomeriggio del 3 giugno in un agguato a Trinitapoli.
La guerra di mafia - L’indagine ha subito imboccato una pista preferenziale, in quanto si ritiene che l’agguato di mala sia collegato alla lunga scia di sangue che nella zona tra Trinitapoli e San Ferdinando di Puglia dal 2003 ad oggi, in 17 anni, ha contato 14 agguati con 8 morti (3 negli ultimi 18 mesi) e 11 feriti/miracolati, conseguenza della contrapposizione tra i clan Gallone-Carbone e i rivali della batteria Miccoli-De Rosa e Visaggio-Valerio. Bisogna proprio parlare di miracolati in alcuni casi, basti pensare (vedi articolo a fianco ndr) a chi è ripetutamente sfuggito ad agguati, a chi è stato colpito da una pistolettata alla testa esplosa alla testa da distanza ravvicinata, fingendosi morto e salvandosi.
Le parentele - Lafranceschina era cugino di Giuseppe Gallone, di nuovo detenuto da fine maggio e ritenuto al vertice dell’omonimo clan; il fratello Leonardo sconta un ergastolo per omicidio e tentato omicidio del settembre 2004, in cui il coimputato - pure condannato al carcere a vita - è quel Cosimo Damiano Carbone, ex capo della batteria, assassinato davanti casa il 14 aprile 2019, mentre beneficiava di un periodo di detenzione domiciliare per motivi di salute.
L’inchiesta Babele - Il nome di Lafranceschina compare nell’inchiesta «Babele» dei carabinieri del nucleo investigativo e della Dda sfociata nel blitz del 22 gennaio 2015 con l’emissione di 32 ordinanze cautelari; l’indagine ruotava sul clan Gallone-Carbone dedito a droga ed estorsioni. Lafranceschina in «Babele» aveva scelto il giudizio abbreviato venendo condannato condannato a 5 anni e 10 mesi - pena espiata tanto da essere stato rimesso in libertà dai domiciliari a maggio 2019 quando fu affidato ai servizi sociali fino al marzo scorso - per detenzione ai fini di spaccio di cocaina e hashish e per due estorsioni: in uno due ricatti l’accusa gli contestava d’aver preteso soldi presentandosi come «un uomo della famiglia Gallone».
Otto sospettati nel clan rivale E che la sua morte potrebbe essere collegata alla guerra di mafia in corso, lo conferma indirettamente anche la decisione dei carabinieri di sottoporre subito dopo l’agguato ad esame stub - serve a trovare residui di polvere da sparo su mani e indumenti di persone sospettate d’aver fatto uso di armi da fuoco - otto trinitapolesi ritenuti vicini al gruppo Miccoli-De Rosa: sono stati tutti rilasciati, per conoscere l’esito degli stub ci vorranno mesi. Omicidio premeditato e aggravato dalla mafiosità quello del quarantatrenne che lavorava come dipendente di un magazzino di prodotti ortofrutticoli. Il commando di killer - 3 forse 4 persone a bordo di un’auto di cui se pure i carabinieri dovessero conoscere marca e modello non lo rivelano per non compromettere l’indagine - ha atteso che l’uomo uscisse di casa intorno alle 6 di pomeriggio del 3 giugno, a bordo di una bici elettrica. In via dei Mulini l’auto ha affiancato Lafranceschina colpito da almeno 3 pistolettate a volto e torace e morto sul colpo.
4 agguati in 18 mesi - L’escalation della guerra tra clan si è registrata nell’ultimo anno e mezzo. Il 20 gennaio 2019 fu ucciso in paese Pietro De Rosa, ritenuto elemento di spicco dell’omonimo gruppo: killer e mandanti sono ancora ignoti. Passarono tre mesi e il pomeriggio del 14 aprile fu assassinato, come detto, l’ergastolano Cosimo Damiano Cabone: la sua morte è ritenuta la risposta del gruppo Miccoli-De Rosa all’agguato ndi gennaio. Per l’omicidio Carbone il 18 marzo scorso i carabinieri hanno arrestato un incensurato del posto Alberto Campanella, ritenuto «elemento di spicco del clan De Rosa-Miccoli-Buonarota» come si leggeva nella nota stampa diffusa dalla Dda (respinge le accuse). Il 26 agosto era sfuggito alla morte Michele Visaggio. ritenuto al vertice dell’omonimo clan. Ed ora Lafranceschina.
E 4 sventati dai Cc - La scia di sangue degli ultimi 18 mesi poteva essere ancora più... copiosa se si guarda all’inchiesta «Nemesi» di Dda e carabinieri sfociata il 7 giugno del 2019 in 8 arresti nel clan Gallone-Carbone (tra cui il boss Giuseppe Gallone) per detenzione illegale di armi aggravate dalla mafiosità: l’accusa ipotizza che le armi dovesse essere utilizzate per 4 omicidi.