I discorsi pubblici in occasione delle scadenze elettorali che riguardano alcune Regioni italiane contribuiscono poco ad informare l’opinione pubblica su cosa sono oggi le Regioni e su quali siano i poteri effettivi a disposizione dei nuovi amministratori.
Probabilmente l’elezione diretta dei Presidenti di Regione ha contribuito a dare l’impressione che questi enti possano dare delle risposte in qualsiasi campo di azione pubblica. Peraltro, i Presidenti eletti, aiutati dall’abuso mediatico del termine «governatori», fanno di tutto per farlo credere e talvolta finiscono per crederci anch’essi. Ma la realtà è diversa.
I dati forniti dall’Osservatorio dei Conti Pubblici della Università Cattolica di Milano ci dicono che la spesa delle Regioni è da tempo in costante calo, ed è passata dal 22% sul totale della spesa pubblica nel 2007 al 18% del 2023. Nel 2019 c’è stato un piccolo rimbalzo al 19%, ma solo a causa della riduzione di spesa statale provocata dalla cessazione del Superbonus 110%. Se poi esaminiamo la composizione della spesa si conferma che più dei tre quarti della stessa è assorbito dal settore sanitario. La spesa restante è molto frammentata. Se si esclude il 5,4% destinato al funzionamento politico e burocratico solo i trasporti superano il 7% della spesa.
Tra i settori che superano la percentuale dell’1% troviamo l’ambiente (2,23%), la formazione e istruzione professionale (2,13%), il sostegno alla innovazione dei sistemi produttivi (1,91%) e l’agricoltura (1,11%).
Nel Mezzogiorno alcune di queste voci risultano più elevate grazie al temporaneo apporto dei fondi della Unione Europea. Se si calcola che dal 2007 al 2023 la percentuale della spesa sanitaria sul totale della spesa pubblica al netto di previdenza e interessi è salita dal 25,8% al 27,7% del 2023 risulta ancor più evidente la notevole contrazione di tutti gli altri filoni d’intervento delle Regioni.
Ma chi mette in opera gli interventi regionali? La graduatoria vede al primo posto le Aziende sanitarie, poi gli Enti locali e le altre aziende pubbliche e infine le aziende beneficiarie degli incentivi. Non deve quindi stupire se i cittadini, stando a tutte le ricerche e sondaggi, alla parola Regione associano soprattutto la sanità, ed in particolare le liste d’attesa, il funzionamento dei servizi di emergenza e pronto soccorso e, quando capita, la qualità delle cure e il grado di umanità con cui vengono assicurate. Per questo è assolutamente necessario che i candidati facciano conoscere innanzitutto le loro proposte, auspicabilmente dettagliate e fattibili, oltre che misurabili, su come migliorare i servizi sanitari.
Da questi brevi cenni alla costituzione materiale delle Regioni (quella formale del 2001 è rimasta prevalentemente sulla carta) emerge anche un’altra verità. La gran parte della qualità percepita delle politiche pubbliche regionali dipende in misura ridotta dal Presente e dagli Assessori ma è in gran parte affidata ad una pluralità di attori: migliaia di operatori sanitari, uffici appalti di Comuni e Aziende pubbliche, enti della formazione professionale, imprese industriali, agricole e turistiche, etc. Proprio per questo la nomina dei vertici burocratici regionali e degli amministratori delle aziende ed enti controllati assume un ruolo strategico. Quando prevale l’esigenza politica o la fedeltà rispetto alle capacità tecniche i Presidenti corrono il rischio che un piccolo vantaggio immediato venga sopravanzato dagli effetti negativi dovuti a risultati scarsi o negativi.
Per carità. La ideazione delle politiche e la loro programmazione rimangono fondamentali. Ciò non toglie che è la sfera della implementazione a condizionare direttamente la vita e le opinioni dei cittadini.
La bacchetta nelle mani dei Presidenti non è affatto magica, ma somiglia piuttosto a quella nelle mani del direttore d’orchestra nella lunga fase delle prove.
Forse per questo Michele Emiliano nel discorso inaugurale della Fiera del Levante ha auspicato una buona dose di autoironia, una dote che dovrebbe accompagnarsi ad altre virtù coma la serietà, la modestia, il senso del limite e l’onestà anche nella comunicazione politica.