Sembra che sia stato scoperto «l’ago in un pagliaio», macché, è il pagliaio che esiste da tempo senza ago e che non è mai emerso o meglio non è stata mai rivolta l’attenzione su di esso perché probabilmente i problemi erano e sono troppi, le questioni economiche divengono stringenti, o semplicemente perché non si ha adeguato spazio per riflettere su un tessuto sociale in parte corrotto, leso, privo di umanità. È stato denunciato e chiuso da «Meta» un gruppo di soli maschi dedicato alle donne, e chi starà leggendo penserà: «bello, no?». No affatto, non c’è nulla in questo gruppo che si possa paragonare alla bellezza, semmai alla idiozia di individui che come accade sin dalla notte dei tempi connota l’elemento femminile, il corpo, a un oggetto, a qualcosa da usare e abusare sia con parole, immagini, ora digitali, «fatti».
Non si riesce a sradicare la mala-educazione, il malvagio, a tenere a bada il demone che ciascuno ha in sé. Purtroppo, le politiche sociali non sono efficienti, né sufficienti, così come non risulta adeguata un’educazione che miri al rispetto dell’essere umano. Siamo stanche di assistere ancora a tali comportamenti e lo saranno tutte quelle donne come Beauvoir, Wollstonecraft, Arendt, che hanno lottato perché sia riconosciuto il ruolo che l’essere femminile è e non ha e che non corrisponde a misure o a forme di elementi o escrescenze corporee. Forse è opportuno comprendere che più che polemizzare con partecipazioni culturali al femminile o presenze femminili in elezioni politiche che – sappiamo – sono talvolta solo di facciata o l’annosa questione di «pari opportunità» che si risolve in lotte «a colpi di machete» (s’intende metaforicamente) tra donne e che non produce il risultato atteso.
Occorre assumere nuove posture, far valere l’umano.
Basta chiudere un gruppo di 32.000 iscritti e condannare gli autori del «misfatto»? Quanti altri ne esistono su Facebook, Instagram, Whatsapp, ecc., e quanti ne sono esistiti in passato magari senza socialmedia contrassegnati da baldi ragazzi di ogni età con una «X» sul foglio di un quaderno, su un calendario, o tra amici, e ne esisteranno ancora se non si risolve il problema alla radice o almeno si prova ad affrontarlo?
Come di consueto si ricorre ai «ripari» prima ancora di saperli costruire. È complicato, sì, è complicato, tutto lo è, anche vivere è complicato, sopportare le ingiustizie è complicato, così come continuare ad assistere alle solite regole della giungla: la «legge del più forte», dove il più forte spesso non lo è davvero come nel regno animale, ma semplicemente perché possiede più armi, più territori, è più arrogante, più virile, è maschio e ha la benevolenza e il sostegno o l’assenso dei più. Intanto, possiamo sostenere che una parte di realtà che esiste è stata disvelata ed è un «fatto» rilevante, ora si vedrà come questo verrà affrontato: se solo come una questione giuridica, etica, sessista, o come un fatto di cronaca da commentare come tanti.
Ciò che l’opinione pubblica si augura, o almeno quella sana, è che si avviino programmi educativi a partire dalle famiglie, dagli istituti scolastici, da ogni dove e si denuncino anche quelle donne che attuano comportamenti aggressivi, violenti, di potere, in sostituzione del cosiddetto «maschio alfa», e di esempi ve ne sono.
In sintesi, per quanto possibile, la libertà di ogni donna che usi il proprio corpo come più le aggrada non deve corrispondere ad atteggiamenti maschilisti o addirittura delle stesse femmine con l’ardire dell’insulto facile verso una donna, beffeggiarla con l’armamentario infelice che si ha a disposizione e spesso ahimé – concedetemelo senza presunzione alcuna – è associato a una sola parola: ignoranza, che non è quella sana, socratica, ma include alla radice cattiveria, frustrazione, invidia, volontà a non voler migliorare, mentre il genere maschile troneggia con il suo sorriso sornione e si diverte.
D’altronde, per lui, il maschio, non l’uomo, resterà tale e non si evolverà se l’Italia, il Sud, ogni lembo di terra non attuerà con ogni mezzo «politiche sociali» che conducano al rispetto dell’essere umano, come parte integrante dell’umanità e non come essere sessuato. Il rispetto è una parola chiave che accanto alla libertà costruirà umanità, uomini, indipendentemente dal loro genere, esseri umani razionali, coscienziosi, responsabili e con «creanza», meraviglioso lemma caduto oramai in disuso proprio come la buona educazione.
Forse basterebbe che ciò diventasse una consuetudine per pochi magari, affinché diventi realtà per tutti. Nel frattempo, godetevi le vacanze e dimenticavo: «Quando siete al mare, o in qualunque altro luogo, prima di giudicare o deridere una donna o una parte di lei, guardatevi allo specchio, anche quello del vostro smartphone, vi assicuro che non lo ripeterete più!». La creanza parte anche da questa elementare attitudine.