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È stato il referendum degli errori: ma quei temi rimangono cruciali

 
Onofrio Introna

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Onofrio Introna

È stato il referendum degli errori: ma quei temi rimangono cruciali

Referendum, chi ha vinto, chi ha perso? Si dice che la sinistra abbia sbagliato nel politicizzare la consultazione popolare e questo potrebbe essere esatto

Mercoledì 18 Giugno 2025, 14:00

Referendum, chi ha vinto, chi ha perso? Si dice che la sinistra abbia sbagliato nel politicizzare la consultazione popolare e questo potrebbe essere esatto. Però, è anche vero che lo ha fatto pure il centrodestra, in modo diametralmente opposto, chiedendo di non andare a votare. Infatti, nel dichiarare che si sarebbe recata al seggio ma non avrebbe ritirato le schede (risultando quindi «non votante»), la premier Giorgia Meloni ha chiesto un comportamento politico, ha dato un’indicazione politica.

Quindi, se c’è stato un errore, centrosinistra e centrodestra hanno sbagliato entrambi, perché tanto gli esponenti dell’uno che dell’altro hanno operato per indottrinare gli elettori italiani, dando indicazioni di carattere politico che hanno fatto dimenticare la funzione di ogni quesito referendario: chiamare i cittadini ad esprimersi liberamente, democratizzante. Ognuno vale uno, se si reca alle urne, altrimenti ha perso l’occasione.

C’è anche un altro problema, intrinseco alla tornata referendaria nel complesso. I quesiti proposti dalla CGIL non avevano e non hanno niente in comune con quello sulla cittadinanza. Il tema del lavoro non avrebbe dovuto accompagnarsi all'immigrazione, che l’opinione pubblica non lega generalmente alla materia delicata dei rapporti occupazionali. Per tanti motivi, la Destra ha avuto gioco facile nel demonizzare il quinto quesito, sugli immigrati, favorendo tanta confusione e certamente vendendo fumo sul tema in sé del quesito.

Altro aspetto da prendere in considerazione a posteriori (per quanto da queste pagine l’abbiamo fatto anche a priori, per tempo): non sono stati soltanto i partiti a politicizzare esasperatamente i referendum di giugno, li ha considerati politicizzati anche certa stampa. Stranamente, la televisione di Stato, la Rai, non se l’è sentita di programmare, come sarebbe stato doveroso, una serie di tribune referendarie per dare ai Cittadini una corretta informazione, sui cinque quesiti ed aiutare gli Italiani, con la necessaria equidistanza, a fare chiarezza sulle ragioni del «si» e del «no». Non vanno dimenticate le prese di posizione di tanti, negli ultimi giorni, nei confronti dei vertici dell’azienda. Come del resto abbiamo fatto anche in Puglia, con un sit-in pacifico sotto la sede Rai barese di via Dalmazia, ricevuti correttamente dal redattore capo del TGR Giancarlo Fiume.

È certo che tutti gli argomenti, in particolare i quattro quesiti del Sindacato sul lavoro, avevano bisogno d’essere opportunamente illustrati. Si pensi a quello della responsabilità in solido del subappaltante, materia delicata, complessa, oggetto di un quesito incompleto, sommario, scritto per brevità in modo necessariamente involuto. Avrebbe meritato, altrettanto necessariamente d’essere spiegato agli italiani, con serietà e in profondità. Dopotutto, atteneva pienamente la sicurezza del lavoro, un problema di rigorosa ed anche dolorosa attualità, in un Paese che ogni giorno vede operai e lavoratori morire sui cantieri.

Comunque siano andate le cose, tanto con la politicizzazione di Centrosinistra e Centrodestra, che con i mancati programmi televisivi, le due giornate di voto hanno visto recarsi ai seggi oltre il 30% degli aventi diritto al voto. Significa che oltre 13 milioni di italiani hanno raggiunto le loro sezioni elettorali, hanno creduto al valore e al messaggio che veniva dai cinque quesiti del referendum.

Questo va considerato, insieme ad altri dati da valutare. Il Nord ha votato di più. In Italia, l’affluenza è stata per la prima volta maggiore tra le donne che tra gli uomini. Nelle città oltre 350mila abitanti sono stati registrati in media 7 punti di affluenza in più della media degli altri Comuni, differenza che sale a 10 punti rispetto ai centri sotto i 15mila abitanti.

A questo punto, si pone un problema per la politica, senza distinzione tra destra e sinistra: non si possono trascurare i 13-14 milioni di italiani che hanno votato, direi nonostante tutto. Lo stesso 30,6% non è tra i quorum più bassi dei referendum abrogativi invalidi negli ultimi decenni. Pertanto, su queste stesse materie, oggetto della consultazione, invalidata dal mancato raggiungimento del quorum, penso che maggioranza e opposizione debbano affrontare una riflessione in Parlamento, insieme o in contrapposizione. È un’indicazione chiara, arrivata da milioni di elettori, perché sono questioni che riguardano il mondo del lavoro che non possono essere abbandonate. Le urne sono chiuse, i Sì in prevalenza non hanno valore, ma i temi, i problemi, i contenuti dei quesiti, che toccano altrettanti nervi sociali scoperti, restano in piedi con tutta la loro urgenza.

Sono materie che vanno prese in considerazione nelle Camere. Lo stesso Centrosinistra all’opposizione faccia tesoro dell’esperienza e della prova di partecipazione di chi ha voluto esprimersi, pur nella confusione tra Destra e Sinistra, tra andare a votare o non votare. Si riprenda la battaglia per la sicurezza del mondo del lavoro, che ha una forte valenza riformista, ci si unisca intorno a quattro cinque punti forti per il Paese (occupazione, ambiente, sanità...) e li si faccia oggetto di un programma unitario, superando la frammentazione di una Sinistra con tanti leader.

Anche la cittadinanza agli extracomunitari è un tema sentito, perché corrisponde a diritti acquisiti da tanti e perché d’immigrazione c’è bisogno, in un’Italia sempre più per vecchi, in depressione demografica, desertificata dal deficit delle nascite.

Questi argomenti non vengono cestinati, sono problemi che rimangono e meritano d’essere ulteriormente approfonditi, innanzitutto nelle sedi parlamentari, impegnando maggioranza e opposizione a dare risposte. Nessuno, né a destra, né a sinistra, né al centro, può ignorare il pensiero e la scelta dei 14 milioni di Italiani andati al voto. Dev’essere considerata una importante chiamata alla responsabilità della politica, nelle aule del Parlamento e fuori, tra i Cittadini.

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