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I referendum flop? Italiani diffidenti verso gli stranieri

 
Gino Dato

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Gino Dato

Lavoro e cittadinanza: votare «sì» al referendum è una scelta di civiltà

Negli italiani permane una ostilità per gli stranieri e i migranti?

Sabato 14 Giugno 2025, 13:30

Negli italiani permane una ostilità per gli stranieri e i migranti? Purtroppo la confermano la antica persistenza della questione nel dibattito pubblico ma anche, più nell’immediato, quella sorta di bocciatura del quesito referendario sulla riduzione da 10 a 5 degli anni di residenza per ottenere la cittadinanza italiana. Un dato, quel 34,57 per cento della scheda gialla, che affonda nel tempo. Al 18-20 settembre  2023 un campione nazionale, intervistato da Demos, ci diceva che era tornata a salire al 45% la percentuale di coloro che ritengono che gli immigrati siano «un pericolo per l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone». Questo sentimento aveva raggiunto il 51% nel lontano 2007, poi era declinato al 26, risalendo al 43% nel 2016-17.  Non è razzismo e neanche odio. Ma cosa è, diffidenza, paura? Di cosa si alimenta? Si può razionalizzarlo,  o lenirlo e controllarlo? Perché non degeneri nell’odio razziale delle Los Angeles in fiamme ci può soccorrere la memoria, un meccanismo assai delicato, e prezioso. Spesso però s’inceppa, per dimenticanza, per oblio, ma talvolta, quel che è peggio, anche per paura o per cattiva fede. Ciò che «non ricordiamo» può essere quanto, più o meno inconsciamente, rifiutiamo e proviamo a cancellare.

Per ripristinare l’utilità del ricordo, esistono le ricostruzioni, i documenti, le parole che rammemorano. In maniera inconfutabile. Nell’età digitale. Come una cartina di tornasole eventi e personaggi rendono evidente ed esaltano una  verità, che non può quindi essere confutata ed è pubblicamente nota. Purtroppo la decantazione di una vicenda epocale sta agendo in maniera più sottile per un fenomeno epocale come quello delle migrazioni, per il quale il corpo sociale non sta manifestando, sino in fondo, la consapevolezza storica che dà l’esercizio di una buona memoria.

La memoria che stenta a ri-affiorare nella ragione e nel cuore è quella della empatia per le nostre odissee. Un popolo, gli italiani, che ha provato gli estremi: da un lato ha schizzato una sua epopea coloniale - e tutti sappiamo che fine abbia fatto l’imperialismo straccione - e, dall’altro, ha subìto un suo passato di migrazioni intercontinentali, denso di sofferenze e di umiliazioni.     Come facciamo a dimenticare che abbiamo vissuto le torture e i naufragi dai quali fuggono oggi masse disperate? Come abbiamo dimenticato le persecuzioni che abbiamo inflitto in Africa? Come non sappiamo valutare l’utilità che la forza lavoro dei migranti offre all’economia del Paese? Un Paese in cui scarseggiano i giovani, che fuggono? L’esercizio che il buon senso e la buona fede sollecitano in queste ultime settimane assomiglia a un resettaggio che non va a buon fine, o a una messa fuoco di evanescenze. Visti con il senno di poi appaiono terapeutici certi richiami che negli anni sono venuti dal presidente della Repubblica ma anche dalla Santa Sede. Sintonizzano la nostra attenzione su quell’esercizio del ricordo che è uno strumento vivo attraverso il quale noi rafforziamo la nostra presenza operosa nella storia, come testimoni attivi, lievito di vita.

Ma che significa rinfrescare la memoria? In sostanza, e soprattutto, significa riaprire la soffitta e la stanza dei ricordi, quando le occasioni storiche ne suscitano appunto la rivisitazione. L’esercizio della memoria è però un lavoro assai delicato cui noi dobbiamo accostarci con la stessa cura con cui andiamo a rispolverare storie e vicende che investono la nostra vita privata. Non sempre si tratta di pagine già consegnate alla storia e all’autorità di scrittori e testimoni. Quanto più sono vicine le vicende, tanto più ondeggianti possono essere le risposte che vengono su dal nostro profondo.

Il rischio che ci percorre, in una età di comunicazione liquida e di polluzione continua di fatti, è che la memoria diventi una sorta di passe- partout che sdogana ogni opinione rendendola effimera e trasferendola dal richiamo di una celebrazione e ricorrenza al cestino dei rifiuti.

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