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Delitto Mattarella, un caso da risolvere per pacificare l’Italia

 
Giuse Alemanno

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Giuse Alemanno

Delitto Mattarella, un caso da risolvere per pacificare l’Italia

La riapertura delle indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella, avvenuto a Palermo nel 1980, è dolorosa

Giovedì 16 Gennaio 2025, 14:37

La riapertura delle indagini sull’omicidio di Piersanti Mattarella, avvenuto a Palermo nel 1980, è dolorosa. Avevo diciotto anni, allora. “A quel tempo ero un ragazzo che giocava a ramino e fischiava alle donne”, canterebbe Francesco De Gregori. Ma ricordo bene i pranzi in famiglia, all’ora del telegiornale. Con i morti ammazzati che, da anni, passavano dallo schermo alla tavola apparecchiata, curata da mia madre. E mio padre silenzioso, con la testa nel piatto, a causa delle notizie che papà non avrebbe mai voluto ascoltare. Solo una frase ripeteva: “Tempo ci vorrà, ma alla fine li piglieranno tutti a quei vigliacchi.” Mio padre ha sempre creduto nella giustizia italiana, beato lui. Erano le tante vittime della guerra civile italiana, quella chiamata ‘Strategia della tensione’. Una guerra civile strana: mica si capiva bene chi c’era da una parte e chi dall’altra! Chi erano i buoni e chi erano i cattivi. Non c’erano divise o bandiere a identificarli. Ci fossero state, il ragazzo che sono stato avrebbe capito prima. Invece ha impiegato tanto tempo per interpretare quella tragedia nazionale. La saldatura tra gli interessi della criminalità organizzata e i progetti neofascisti di un colpo di Stato, ha creato una lunga catena di vittime. Tra queste Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale Presidente della Repubblica prof. Sergio Mattarella e figlio dell’on. Bernardo Mattarella, già deputato della Democrazia Cristiana siciliana. La foto che ritrae l’attuale Presidente della Repubblica con in braccio il cadavere del fratello appena attinto dal piombo dei sicari è terribile e indimenticabile. C’è tutta l’Italia avvilita in quella immagine, è vero, ma c’è anche la forza umana titanica di due fratelli uniti dal sangue, un legame che nessuna loggia e nessuna mafia potrà mai vincere. Una forza che non ha smesso di essere propellente, visto che dopo 45 anni le indagini su quei fatti sono state riaperte. Ben vengano queste notizie. La pacificazione italiana è costata mille compromessi; per porre fine alla guerra civile è stato necessario sacrificare pezzi di democrazia, sdoganare uomini e partiti altrimenti impresentabili. Un modo di procedere tipicamente italiano: un problema si risolve solo creando un altro problema. Ma a quel sangue e a quei morti bisogna dare ristoro. Bisogna restituire senso alla giustizia, soprattutto quando riguarda ambiti così complessi e delicati, che intersecano la storia del nostro Paese. Buon lavoro, quindi, ai magistrati che si occuperanno del delitto Mattarella, dopo tutti questi anni. Ci si aspetta da loro un lavoro eccellente, fiduciosi che così sarà. Per soddisfare il bisogno di pace e giustizia che chiede l’Italia. E che chiede, sommesso, anche il sottoscritto ancora diciottenne, che vorrebbe vedere suo padre alzare la testa dal piatto e dirgli: “Hai visto che li hanno presi? Tempo c’è voluto ma, alla fine, li pigliano tutti a quei vigliacchi!”. E, per una volta, dargli ragione.

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