Nell’ottobre del 2022, quando si insediò il governo Meloni, il differenziale tra i titoli di Stato italiani e tedeschi a 10 anni (lo spread) era di 225 punti. Alla fine l’anno scorso era sceso a 116. Ieri ha chiuso a 66. Tre anni fa l’indice della Borsa di Milano segnava 22.700 punti. Alla fine l’anno scorso era salito a 33.700. Ieri sera ha chiuso a 45.000. L’andamento dei conti dello Stato è così solido che le principali agenzie di rating hanno migliorato il voto dell’Italia dopo 23 anni. Usciremo in anticipo dalla procedura di infrazione e questo comporta una posizione di vantaggio nei negoziati economici europei e una maggiore libertà di utilizzazione delle risorse pubbliche nei settori chiave della vita del Paese.
Si aggiunga che si è consolidato il record storico di occupazione maschile e femminile, con particolare incremento di quella a tempo indeterminato. Naturalmente questi dati interessano poco al mezzo milione di persone che nell’anno che si chiude ha dovuto chiedere aiuto per farmaci o cure che non poteva permettersi o che ha fatto la fila alla Caritas per avere un pasto caldo. È inoltre inquietante l’alto numero di giovani che abbandonano l’Italia per cercare all’estero migliori occasioni di lavoro e solo per il 30% sembrano orientati a tornare.
In curiosa controtendenza, se il Natale del 2024 fu più ricco di quello dell’anno precedente, Confcommercio segnala che le feste 2025 sono le più opulente degli ultimi cinque anni. Gli italiani conoscono la virtù della prudenza e nonostante la chiusura di molti contratti pubblici e privati aperti da anni, non ritengono, in maggioranza, che l’anno prossimo sarà migliore di quello attuale.
Il peso maggiore nel bilancio delle famiglie delle imprese è il costo delle bollette energetiche, le più care tra i principali paesi europei. Ma qui dobbiamo prendercela soltanto con noi stessi: se nel 1987 non avessimo bocciato con un devastante referendum l’energia nucleare, oggi avremmo meno lacrime da asciugarci. Il nucleare tornerà, affiancandosi alle energie alternative, ma tutto questo richiederà tempo.
Migliorando in misura superiore a quanto ci saremo attesi i tempi di alcune procedure burocratiche e la durata dei processi civili scesa in un quindicennio da otto a cinque anni e lo smaltimento degli arretrati in molti settori, grazie ai soldi del PNRR, anche se restiamo in difetto rispetto ai principali paesi europei.
Burocrazia e giustizia sono tra gli elementi essenziali per rendere competitivo un paese. La principale scommessa del governo resta comunque quella dell’abbattimento delle liste d’attesa nella sanità. Per farlo, accanto all’immissione già prevista di un migliaio di medici e di 5000 infermieri, è necessario controllare che il tempo dedicato dai sanitari all’attività privata nelle strutture pubbliche sia ridotto rispetto alla loro funzione principale.
È auspicabile, infine, che lo Stato eserciti finalmente i poteri sostitutivi nei confronti delle regioni troppo in ritardo nell’erogazione dei servizi. Nonostante l’incremento di tre miliardi, la legge di bilancio approvata ieri è tra le più povere degli ultimi anni. Il governo vuole avere più risorse a disposizione nell’ultimo anno della legislatura con la speranza che non le disperda in provvedimenti a pioggia, ma le concentri in settori essenziali per dare ai cittadini visibilità concreta dei benefici, ridurre le sacche di povertà e spingere l’impresa nella dura competizione internazionale.
















