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Il Cavaliere tra regole e trasgressioni usate come arma impropria

 
Sergio Lorusso

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Sergio Lorusso

Il Cavaliere tra regole e trasgressioni usate come arma impropria

Tanti potrebbero essere gli esempi per quel che riguarda il Berlusconi politico

Mercoledì 14 Giugno 2023, 15:21

Si può essere stati berlusconiani o antiberlusconiani, ma non si può negare che l’esuberante e spesso imprevedibile vita di Silvio Berlusconi si sia dipanata sempre sul filo delle regole (giuridiche, istituzionali, morali), seguendo un equilibrio incerto, in linea con il paradigma «genio e sregolatezza» che accompagna le esistenze di chi rifugge per costituzione dalla mediocrità (ed è spesso destinato a lasciare una traccia ben visibile del suo transito terrestre e ad entrare talvolta nei libri di storia).

Pregio o difetto che sia, l’allergia alle regole ed alle convenzioni affiora in ogni stagione del Cavaliere: dal Silvio imprenditore edile al Silvio uomo delle televisioni, dal Silvio signore del calcio al Silvio che scende in politica, dal Silvio presidente del Consiglio al Silvio del «bunga bunga».

Un filo rosso unisce dunque esperienze e momenti diversissimi, teoricamente in attrito tra loro come i mondi in cui sono cresciuti. Una liaison, non di rado pericolosa, espressione di un uomo costantemente in equilibrio sul filo della normalità. Non è un caso che il suo Vangelo fosse quell’Elogio della follia, scritto da Erasmo da Rotterdam nel 1509, dove follia sta per «forza vitale creatrice» nel senso che chi innova è tanto più originale e rivoluzionario quanto più la sua ispirazione proviene dal profondo, dall’irrazionale.

E proprio per questo l’intuizione del visionario viene considerata inizialmente irrealizzabile, assurda, mentre era solo più avanti dei tempi (come ricorda lo stesso Berlusconi nella Prefazione scritta per un’edizione del 1990 del libro del filosofo e teologo olandese).

E così, se il monopolio Rai dell’etere impediva trasmissioni sul territorio nazionale da parte di emittenti private, ecco che la Fininvest – creatura televisiva del Cavaliere – elude la normativa grazie all’acquisto di più televisioni private locali via cavo che coprono l’intero territorio nazionale e alla distribuzione quotidiana di venti videocassette registrate che ciascuna delle televisioni locali acquisite da Berlusconi metteva in onda alla stessa ora, realizzando di fatto una programmazione nazionale (e quindi una diffusione simultanea della pubblicità che costituiva l’unica fonte di entrate del network televisivo). Un sistema artigianale, ma efficace, che durerà fino a quando il monopolio Rai cesserà per legge.

Tanti potrebbero essere gli esempi per quel che riguarda il Berlusconi politico, dall’accusa di aver confezionato norme per tutelare sé stesso, il suo gruppo o il suo entourage (leggi ad personam, lodi dichiarati incostituzionali ed altro) a quella della «compravendita» di senatori per far cadere il governo Prodi (mai accertata giudizialmente essendo intervenuta la prescrizione).

E poi l’insofferenza istituzionale, l’irrisione dei cerimoniali, simboleggiata dal gesto goliardico delle corna immortalato nella foto ufficiale del vertice dei ministri degli Esteri UE in Spagna nel 2002 e dallo scherzo del cucù fatto a Trieste nel 2018 ad Angela Merkel durante il vertice italo-tedesco nascondendosi dietro il pennone portabandiera.

E naturalmente c’è la trasgressione di regole giuridicamente irrilevanti ma moralmente condivise – che pure ha pesato pesantemente sulla carriera istituzionale del Cavaliere – in teoria appartenenti alla sfera del privato ma nei fatti divenute arma «impropria» di lotta politica. Feste e festini realizzati o favoleggiati, entrati nell’immaginario collettivo.

È uno scenario composito, che rivela una complessità difficilmente riducibile ad un unicum. E non per dare giudizi positivi o negativi od emettere sentenze di assoluzione o di condanna, come alcuni in questi giorni hanno fatto, riproponendo lo schema calcistico pro o contro Berlusconi. Non è il momento né la sede, anche se non possono non colpire le dichiarazioni soft di acerrimi avversari del Cavaliere come Michele Santoro (vittima nel 2002 del famoso editto bulgaro che gli costò l’epurazione dalla Rai) e Nichi Vendola, che ne ha esaltato l’umanità dimostrata in un momento difficile della sua esistenza.

Storicizzare la lunga cavalcata di Silvio Berlusconi nei territori di un’Italia che, comunque la si veda, è stata profondamente trasformata dal suo operare, potrà forse servire a superare quel dualismo elementare e semplicistico – che pure si è tradotto in un vantaggio per lo stesso Cavaliere – che ha segnato tre decenni della nostra Storia.

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