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Carofiglio: «La Gazzetta ha un presente e un futuro»

 
Enrica Simonetti

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Enrica Simonetti

Carofiglio: «La Gazzetta ha un presente e un futuro»

Lo scrittore sarà ogni giorno in prima pagina con il suo «Telegramma»

Sabato 19 Febbraio 2022, 12:40

«La carta stampata ha un presente e un futuro». Ne è convinto Gianrico Carofiglio, autore ormai notissimo, che da oggi sarà presente ogni giorno sulla prima pagina della rinata «Gazzetta» con un suo tweet. «Scriverò una sorta di telegramma quotidiano e la pa­rola “telegramma” non è casuale, visto che lega qualcosa dal sapo­re antico con la comunicazione social. L’idea mi è piaciuta anche perché voglio fare un augurio a questa avventura di un giornale che ha una lunga tradizione e tanti elementi di novità».

Carofiglio ha appena comple­tato l’editing del suo nuovo ro­manzo, che uscirà il 29 marzo: avrà come titolo Rancore e – top secret sulla trama – racconterà una nuo­va indagine di Penelope, il perso­naggio femminile che tanto suc­cesso ha avuto ne La disciplina di Penelope, uscito un anno fa. «Pos­so solo dire che sarà un romanzo molto più ampio e più complesso del precedente», accenna lo scrit­tore barese sorridendo.

Ma torniamo al giornale. Far tornare in edicola La Gazzetta del Mezzogiorno è secondo lei una scommessa o una necessità?

Mi piace il concetto di scom­messa e sono convinto del fatto che il mondo della carta abbia un presente e un futuro. Guardiamo a cosa è accaduto con i libri, dove il romanzo elettronico si è guada­gnato un suo spazio che non osta­cola il libro cartaceo, nonostante i timori paventati all’inizio. Certo, su internet, la gratuità dell’infor­mazione rischia una concorren­za ma se ci pensiamo bene non è così. Io faccio la similitudine tra i giornali e le librerie indipenden­ti: queste ultime offrono qualcosa di più, sanno creare una comu­nità e un’occasione per entrare in rapporto diretto. È lo stesso per i giornali, che possono raccontare anche i territori minuti, possono commentare, orientare.

E arginare la disinformazione dilagante...

Sì, penso proprio al giornale con una funzione di bussola, uno strumento di orientamento, non certo per dire alla gente cosa pen­sare - ci mancherebbe – ma per suggerire spunti per un pensiero critico. Ci sono siti come Il Post che hanno trovato la loro strada ma non sono in contrapposizione con l’informazione su ciò che ac­cade attimo per attimo, cosa in cui ovviamente nella tempistica vin­ce la Rete. Il giornale è spunto di approfondimento e riflessione, un oggetto fisico tanto antico quanto nuovo. Nel mio libro Della genti­lezza e del coraggio, parlo proprio di quanto spazio ci sia ancora per la carta e per le parole, nonché di come il mondo in cui si ha accesso a tanta informazione spesso possa disorientare.

Le è capitato di utilizzare una notizia della «Gazzetta», un ri­taglio o un articolo come spunto delle trame dei suoi romanzi?

Sì. Ad esempio quando ho scrit­to Il passato è una terra straniera ho usato diverse notizie pubblica­te che ovviamente non si vedono nel libro. Come spiega il «princi­pio dell’iceberg» di Hemingway, ci sono parti sommerse in un libro: è materiale che lo scrittore conosce ma che non deve affiorare, sono tracce che rendono solido l’iceberg del racconto. Quindi dalle notizie meteo agli eventi criminali, fino ad esempio al protagonista del mio romanzo che a un certo punto leg­ge proprio la «Gazzetta». Ovvia­mente tutto è misto alla finzione e non ha a che fare con la realtà.

Quali parole più ricorrenti le piacerebbe leggere sul nostro giornale?

Spero di leggere parole non troppo ricorrenti, perché le paro­le usate troppo si consumano. Ho un’idea di giornale che maneggi il linguaggio, che lo renda sempre più ricco. Se poi parliamo di parole nel senso di temi, la scommessa in generale è quella di essere capaci di raccontare anche le piccole vi­cende e di percepire le aperture verso i grandi temi.

Giornalista e scrittore, sono termini simili?

Molti si definiscono in questo modo e credono di esserlo, ma in realtà si tratta di due cose diver­se. Lilli Gruber lo spiega bene nel suo ultimo libro su Martha Gell­horn, che è stata anche moglie di Hemingway. Lui raccontava le guerre in forma di finzione, da scrittore, mentre lei no, essendo giornalista, si rifaceva alla real­tà. Ognuno deve rispettare l’etica del suo lavoro, che non signifi­ca soltanto non dire bugie. Per i giornali, il racconto della verità dovrebbe rifarsi il più possibile al vecchio slogan di Panorama di un tempo e cioè «I fatti separati dalle opinioni». E in questo ovviamen­te la qualità è importante.

Cosa legge Carofiglio appena si sveglia? Quali giornali?

Leggo le rassegne stampa e quindi quasi tutti i giornali. Leggo Repubblica, Corriere; trovo il Do­mani ben fatto; qualche volta leggo Il Fatto Quotidiano e poi i giornali che hanno una prospettiva ideolo­gica diversa dalla mia. Serve sem­pre. Io credo che i giornali abbiano il ruolo di cane da guardia della democrazia, vieppiù oggi. Que­sta funzione è indispensabile. Io vedo però molta enfasi sui giornali quando si parla dell’avvio di in­chieste e procedimenti, mentre c’è carenza di informazione su come finiscono i processi... a volte solo trafiletti, capisco che la notizia di un’assoluzione non possa andare in prima pagina ma è importante dare riscontro di come sia andata a finire.

Racconteremo il Sud... que­sta entità di cui parliamo sulla «Gazzetta» da 134 anni. Vede un Sud avviato verso la ripresa, Pnrr compreso?

Difficile esprimere opinioni in poche parole su temi così com­plessi, ma dovremo fare i conti con il meccanismo dei soldi dell’Euro­pa che vanno spesi e spesi presto e bene. Per fortuna, dopo i grandi choc, come lo sono le guerre e le epidemie, gli individui ricevono una frustata: con questo non vo­glio dire che saremo migliori, cosa ormai fin troppo detta, ma credo davvero che i sistemi complessi dopo lo choc tendano a rigenerar­si, per cui abbiamo almeno ottime prospettive. Però è difficile parlare di Mezzogiorno e basta, perché il Sud non è tutto uguale e ci sono situazioni che variano da regione a regione. Faccio un esempio: leg­go che ci sono soltanto sei posti di terapia intensiva in Calabria... Ma è possibile?.

Sarebbe materiale per uno, mille centomila «Telegrammi» che farà per la «Gazzetta» da oggi. Ma lei quanto è «social»?

Seguo e scrivo, ma quando posso. Da parecchi giorni non «twitto», ricomincio oggi sul vo­stro giornale!

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