Sabato 06 Settembre 2025 | 19:56

Matilde Serao giornalista Un’inchiesta avvincente dentro il «Ventre di Napoli»

 
Fulvio Colucci

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Fulvio Colucci

Matilde Serao giornalista Un’inchiesta avvincente dentro il «Ventre di Napoli»

Il romanzo di Massimiliano Virgilio per Feltrinelli rievocala figura della grande cronista fondatrice del «Mattino»

Lunedì 21 Ottobre 2024, 17:12

«Fare i giornalisti rende avulsi dalla realtà. È una malattia, e mi piacerebbe guarirne un giorno o l’altro». L’abbia detto davvero o no, poco importa: Matilde Serao era così, un impasto di bellezza, scrittura (cioè anima) e senso di umanità; troppo alti per un mestiere che si fa con la suola delle scarpe ed è malattia incurabile, inguaribile: «Sono una giornalista». «Il mio mestiere è raccontare la verità.»

Perciò immaginiamola decisa ad affondare nel fango dei bassi di Napoli, la sua Napoli, gli eleganti stivaletti neri fin de siècle: - graziosi, vezzosi addirittura, di quelli che facevano vibrare di piacere Tolstoj quando osservava le dame pietroburghesi o moscovite scendere dalle carrozze. Così siamo dentro al romanzo di Massimiliano Virgilio Luci sulla città – Un’inchiesta per Matilde Serao (Feltrinelli, pp. 231, euro 18).

La «Matildella» - vezzeggiativo degli intimi, legato alla minuta figura della giornalista che fu a un passo dal Premio Nobel per la letteratura - agisce per amore, solo per amore. Nell’immaginario dello scrittore napoletano, di fronte all’omicidio di un attivista sindacale socialista pronto a denunciare squali e speculatori dello sventramento di Napoli, ‘a signora lancia come una locomotiva «la macchina del “Mattino”» - il giornale che fondò con il marito Edoardo Scarfoglio - in una corsa d’impeto, a rompere gli argini di inganni e disinganni: «Gli ingranaggi della rotativa» sbuffano perché si va in stampa, perché scoprire esecutori e soprattutto mandanti di quell’omicidio serve a dimostrare la tesi più dolorosa per la stessa Serao: Napoli, con la demolizione dei quartieri degradati, deciso dal Governo De Pretis dopo il colera del 1884, sta per vendersi l’anima. Che fare? Soffrire e capire (spesso sinonimi). Indagare, denunciare. Per amore.

A Luci sulla città si adattano diverse etichette: giallo, inchiesta appunto, biografia. Noi insistiamo e lo vogliamo romanzo d’amore. D’amore e verità. Quando Matilde, donna matura, sgrana gli occhi per scrutare il suo giovane corteggiatore Mario Giobbe, dimesso nell’abbigliamento ma pieno della luce che solo i poeti sanno irradiare: «Un bell’uomo, esile ma forte» e «dall’aria saggia». E quando sbatte in faccia a Scarfoglio la fine del loro rapporto e sembra di ascoltare i versi di Martha Medeiros: «Lentamente muore chi non capovolge il tavolo, chi è infelice»: sul lavoro e in amore. In un quieto e drammatico alterco, che rivela la verità, Matilde chiede al marito orientato a sopire e troncare, a frenare la corsa della locomotiva- giornale, della locomotiva-inchiesta, per quieto vivere istituzionale, per assuefazione alle versioni ufficiali, comodamente «aggiustate»: «Quindi, Edoardo, quale punizione è prevista per chi scrive ciò che pensa?». «Posso saperlo da te o devo chiederlo a Salandra? O a Giolitti? O forse basterebbe parlare col prefetto Senise?».

Al suo fianco, Serao ha nientemeno che Eleonora Duse, la più grande attrice italiana a cavallo tra ‘800 e ‘900, la musa che fece impazzire D’Annunzio, l’amica il cui nome sarà della figlia nata dalla relazione della giornalista con Giuseppe Natale: «Matildella, sei pronta – le dice Eleonora Duse incontrandola a Napoli - a far scoppiare il più grande scandalo da quando esiste il Regno d’Italia? O continuerai a scrivere soltanto mosconi (la rubrica sul “Mattino” di cronaca mondana) per ammansire il popolo?».

Ci piace ricordare, infine, il tributo di Massimiliano Virgilio al libro di Matilde Serao che costituisce il cardine primo intorno al quale ruota il suo romanzo: «Il ventre di Napoli è stato la guida nei meandri della città perduta, ma anche una grammatica impareggiabile, serbatoio di un lessico vitale e generoso».

Serao fece un calcolo errato spiegano che «l’avvenire è del giornale». Lo fece per amore. Ma (anche in amore) la realtà non esiste finché qualcuno non la scrive. E su questo «Matildella» continua ad avere ragione.

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