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«Un marketing che metta al centro le persone», Simona Ruffino a Conversano

 
Bianca Chiriatti

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Bianca Chiriatti

«Un marketing che metta al centro le persone», Simona Ruffino a Conversano

A Lector in Scienza presenta «Neuromarketing Etico», un punto di vista innovativo e «umano»

Sabato 27 Maggio 2023, 12:48

Oggi ultima giornata di Lector in Scienza, il festival sulla divulgazione scientifica, organizzato dalla Fondazione Di Vagno e dall’Università di Bari. Tanti gli ospiti che rispondono al tema «La misura del Mondo». Tra questi i geologi Alessandro Iannace e Alfredo De Giovanni, il giornalista Alessandro Macina e le astrofisiche Patrizia Caraveo e Fiorella Coliolo presente a Conversano per la mostra «Space for our Planet». Saranno presenti anche gli storici Amedeo Feniello e Alberto Grandi. In serata la finale della prima edizione del Premio Rossella Panarese realizzato in collaborazione con Rai Radio3.

Scegliere di fare impresa di valore, più che di successo, mettendo al centro l’utente finale della comunicazione. È la direzione che suggerisce Neuromarketing Etico - Ascoltare le persone per costruire brand efficaci, libro di Simona Ruffino uscito a marzo per Hoepli e presentato ieri a Conversano nel calendario della rassegna «Lector in Scienza».

Simona Ruffino è brand strategist e neurobrand specialist, consulente di brand nazionali ed europei, esperta di neuroscienze applicate al marketing e alla comunicazione. Originaria di Mola di Bari, da anni vive a Roma ed è impegnata nella divulgazione dell’impresa etica e del capitalismo umanistico, riconosciuta come una delle più autorevoli voci contemporanee del settore.

Neuromarketing etico, associare queste due parole spinge a pensare a concetti di «manipolazione» per trasmettere un messaggio...

«Cerco sempre di spiegare che nel cervello non c’è un tasto da premere per attivare un’area per determinare un’azione o reazione. È necessario fare un profondo lavoro di analisi per conoscere i bisogni delle persone e costruire un’identità con prodotti e servizi che rispondano a quei bisogni. Come davanti a uno spot pubblicitario, noi spettatori siamo pieni di stimoli sensoriali, la posizione delle immagini, il colore del fondale, i suoni di sottofondo, il tutto serve a fare una corretta ecologia dell’attenzione e far sì che il cervello colga il messaggio nella maniera più corretta».

In una società come quella odierna dove il tema della scarsa attenzione sembra essere di grande attualità...

«Si dice che il cervello sia un avaro cognitivo, vuole il massimo risultato con il minimo sforzo. Siamo protagonisti di un momento storico di sovrastimolazione, e l’attenzione è iperframmentaria, infatti catturarla è proprio la moneta di ogni azienda per convertirla in intenzione all’acquisto. Ecco perché quello che cerco di divulgare è l’importanza dell’analisi mirata, per colpire un pubblico preciso: troppo spesso si tende ad allargare lo sguardo cercando di attirare quante più persone possibili, indistintamente, sperando di pescare qualcuno dal mucchio. E invece l’invito è a non buttare budget per azioni lanciate a caso, prima ancora di sito, logo, social conta l’analisi».

Questo metodo, che sulla carta sembra il più corretto da seguire per ottenere risultati tangibili, incontra pregiudizi?

«Lavoro con multinazionali e brand di respiro mondiale, ma i pregiudizi più grandi arrivano dalle piccole e medie imprese. Gli imprenditori confondono contenuto e contenitore, pensano che essere presenti sui social sia sufficiente, quando invece affinché un messaggio sia efficace occorre studiare una strategia perfino sul tono di voce. Prima di diventare consulente ho avuto un’agenzia, proprio a Conversano, da cui sono andata via nel 2017 perché avevamo obiettivi diversi. A quei tempi sono entrata in crisi perché avevamo grandi clienti, facevamo splendidi esercizi di stile ma non convertivamo in risultati, dal momento che proprio il cliente indicava come volesse fatte le cose e noi lo seguivamo. Poi è cambiata la mia ottica, ho capito che dovevo mettere al centro non il cliente, ma il fruitore ultimo, per soddisfare i suoi bisogni. È così che oggi ho potuto scrivere questo libro, che offre un’infarinatura metodologica sulle neuroscienze, ma stravolge lo scenario attuale perché immagina le persone come fine e non come strumento. Una delle imprenditrici che ha voce in queste pagine, Sara Servili, CEO di Fìdoka s.r.l., settore telecomunicazioni, l’ho conosciuta perché mi ha fermato dopo una conferenza in un bagno pur di avere un mio parere: i rapporti personali, alla fin fine, sono tutto».

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